LE FATICHE DI ERCOLE
Eracle (Ercole presso i Romani) gode della doppia natura, terrena e celeste. Figlio di Zeus e di Alcmena moglie di Anfitrione. La moglie ufficiale di Zeus, Hera, volle vendicarsi dell’infedeltà del marito, mandando alla culla del neonato due grossi serpenti marini che avrebbero dovuto ucciderlo. Ma già pochi mesi dopo la nascita, Eracle aveva una forza eccezionale e così strozzò i due serpenti.
Istruito nell’arte della guerra e del combattimento, si dette anche alla musica, nonostante che in questa disciplina il futuro eroe non apparisse molto portato, ricevendo spesso rimproveri dal suo maestro. Proprio in seguito a una punizione che questi gli inflisse, Eracle in un’accesso d’ira, lo uccise; allora Anfitrione, che esercitava su di lui la patria potestà, lo mandò lontano da Tebe a espiare. Eracle rimase sul monte Citerone fra i pastori fino ai diciotto anni.
Ormai uscito dalla fanciullezza, Eracle diede ulteriormente prova della sua indole liberando Tebe dal tributo di cento buoi, imposto annualmente dal re d’Orcomeno. In seguito a ciò, il re Creonte diede in sposa la figlia Megara all’eroe, ma Eracle, in un ennesimo eccesso di rabbia causato da Hera, si macchiò di un altro orrendo delitto: gettò nel fuoco i suoi tre figli, più altri due che Megara aveva avuto in precedenza. Fu così che, per volontà di Pizia, sacerdotessa di Apollo, egli dovette andare esule presso il re Euristeo di Tirinto, che gli impose una serie di prove da affrontare per espiare la sua colpa. Sono le dodici famose fatiche, che Eracle/Ercole riuscirà a portare a termine.
Le dodici fatiche di Eracle, poi Ercole nella mitologia romana, sono una serie di episodi della mitologia greca, riuniti a posteriori in un unico racconto, che riguardano le imprese compiute dall'eroe Eracle per espiare il fatto di essersi reso colpevole della morte della sua famiglia. Secondo un'ipotesi, il ciclo delle dodici fatiche sarebbe stato per la prima volta fissato in un poema andato perduto, l'Eracleia, scritto attorno al 600 a.C. da Pisandro di Rodi. Attualmente le fatiche di Eracle non sono presenti tutte insieme in un singolo testo, ma si deve raccoglierle da fonti diverse.
Nelle metope del Tempio di Zeus ad Olimpia, che risalgono al 450 a.C. circa, si trova una famosa rappresentazione scultorea delle Fatiche: potrebbe essere stato proprio il numero di queste metope, 12 appunto, ad aver fin dai tempi antichi indotto a fissare a questa cifra il tradizionale numero delle imprese.
Teseo e Zeus, dopo aver reso Alcmena incinta di Eracle, proclamano che il primo bambino da allora in poi nato dalla stirpe di Perseo, sarebbe diventato re di Tirinto e di Micene. La moglie di Zeus Era però, sentito questo, fece in modo di anticipare di due mesi la nascita di Euristeo, appartenente appunto alla stirpe di Perseo, mentre quella di Eracle fu ritardata di tre. Venuto a sapere quanto era successo, Zeus andò su tutte le furie, tuttavia il suo avventato proclama rimase valido.
Anni dopo, mentre si trova in preda ad un attacco di follia provocatogli da Era, Eracle uccide sua moglie e i suoi figli. Ritornato padrone di sé e rendendosi conto di ciò che ha fatto, decide di ritirarsi a vivere in solitudine in un territorio disabitato. Rintracciato dal cugino Teseo, viene convinto a recarsi dall'Oracolo di Delfi; lì la Pizia gli dice che, per espiare la sua colpa, deve recarsi a Tirinto al fine di servire Euristeo per dodici anni compiendo una serie di imprese, le quali sarebbero state stabilite proprio da costui. Euristeo però, problematicamente, è l'uomo che rubò ad Eracle i diritti di sovranità e che, di conseguenza, egli odia più di ogni altro. Come compenso per il completamento delle fatiche, ad Eracle sarebbe stata poi concessa l'immortalità.
Durante le sue fatiche, Eracle viene spesso accompagnato da un giovane compagno (un Eromenos) che secondo alcuni si chiama Licinio, secondo altri invece è il nipote Iolao. Sebbene dovesse originariamente compiere soltanto dieci imprese, è costretto a causa di questo compagno a cimentarsi anche in altre due, infatti Euristeo non giudica valida l'uccisione dell'Idra perché il compagno l'ha aiutato, né l'episodio delle stalle di Augia perché questi ha percepito un compenso.L'ordine tradizionale delle fatiche è riportato dallo Pseudo-Apollodoro (2, 5, 1-12):
uccidere l'invulnerabile leone di Nemea e portare la sua pelle come trofeo;
uccidere l'immortale Idra di Lerna;
catturare la cerva di Cerinea;
catturare il cinghiale di Erimanto;
ripulire in un giorno le stalle di Augia;
disperdere gli uccelli del lago Stinfalo;
catturare il toro di Creta;
rubare le cavalle di Diomede;
impossessarsi della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni;
rubare i buoi di Gerione;
rubare i pomi d'oro del giardino delle Esperidi;
portare vivo Cerbero, il cane a tre teste guardiano degli Inferi, a Micene.
Il leone Nemeo è un mostro invulnerabile, inviato a Nemea da Era per distruggere Eracle. Nacque vicino a Nemea, nell'Argolide e si insediò in una grotta con due uscite. La sua pelle non poteva essere trapassata, né bucata o scalfita da nessun tipo di arma, era indistruttibile;zanne ed artigli erano dure quanto il metallo. Il temibile leone era dunque una belva invulnerabile. L'unico punto debole era la bocca.Era un vero flagello per il popolo di Nemea, poiché attaccava uomini e greggi, facendo razzie. Per terrore dei suoi ruggiti, la gente aveva smesso di lavorare e la popolazione veniva divorata dal felino.
Fu sconfitto da Eracle, nella prima delle dodici fatiche. Giunto a Nemea, messosi in caccia del leone, Eracle lo cercò a lungo, ma ovunque trovava solo campi disseminati di cadaveri degli uomini uccisi dal leone. Finché un tremendo ruggito scosse la foresta. Il leone aveva trovato Eracle e si preparava a sbranarlo. Eracle prese in mano l'arco e lo colpì con tutte le sue frecce, ma tutte si limitarono a rimbalzare sulla fitta pelliccia dell'invulnerabile animale. Il leone lo attaccò, menando fendenti con i suoi artigli e distrusse l'armatura dell'eroe che fu costretto a battersi nudo. Il leone ferì Eracle al petto con una zampata. Eracle usò la spada, che però si piegò inutilmente. Allora afferrò la clava e vibrò un colpo così forte che la clava si spezzò in mille pezzi e in mano gli rimase un inutile moncone, ma il leone non era nemmeno ammaccato. Tornò dentro la sua caverna, ma non per dolore, per via delle orecchie che ronzavano, Eracle lo inseguì e qui ingaggiò battaglia. Nel terribile duello corpo a corpo, il leone strappò un dito a Eracle, ma alla fine l'eroe afferrò il leone per la testa e la folta criniera e il leone si accasciò a terra sconfitto, strangolato. Eracle se lo caricò in spalla in segno di trionfo e lo portò a Micene, dove terrorizzò Euristeo, che gli ordinò di riportarlo indietro. Eracle così fece.Alla morte, il leone Nemeo fu posto da Zeus tra i segni dello zodiaco, dove formò la costellazione del leone.
Il mito narra che l'Idra, che viveva nei pressi di Lerna, fu ucciso da Ercole durante la seconda delle sue fatiche. Non fu un'impresa facile: trovò l'orrenda belva mentre digeriva il suo pasto nella caverna e le tagliò tutte le teste. Per non cadere preda del suo fiato tremendo Ercole trattenne il respiro. Scoprì però che dal moncherino di ogni testa tagliata ne spuntavano istantaneamente altre due. Ebbe quindi un'illuminazione, e chiese aiuto al nipote Iolao: mentre Ercole tagliava le teste, Iolao dava fuoco al sangue della ferita, cicatrizzandola in modo che le teste non potessero ricrescere. L'ultima testa tuttavia era immortale e non servì nemmeno il suo nuovo stratagemma. Allora seppellì la testa e il corpo sotto un masso enorme.Ercole bagnò la punta delle frecce nel sangue dell'idra, altamente velenoso, per rendere le ferite inflitte da esse inguaribili. Un'accidentale puntura con una di tali frecce provocò atroci sofferenze a Chirone, centauro amico e insegnante di Ercole, che essendo immortale non poteva morire e, per porre fine al tormento, donò la propria immortalità a Prometeo.
Euristeo, stupito per l'eccezionale valore di Eracle, decise di affidargli una terza impresa. Nei pressi della regione di Cerinea viveva una splendida cerva, sacra ad Artemide, dalle corna d'oro e dagli zoccoli di bronzo (o argento, secondo altre versioni) che fuggiva senza mai fermarsi incantando chi la inseguiva, trascinandolo così in un paese dal quale non avrebbe più fatto ritorno. Eracle non poteva assolutamente ucciderla, poiché essa era una cerva sacra, e quindi l'eroe si limitò a inseguirla. La frenetica corsa durò circa un anno, sconfitto in ogni tentativo di raggiungerla, non gli rimase altra scelta che ferire leggermente l'agile cerva con un dardo, e caricarsela sulle spalle per riportarla in patria. Lungo la strada del ritorno incappò in Artemide, infuriata con lui per aver ferito una bestia a lei sacra: ma l'eroe riuscì a placare le sue ire, ed ottenne da lei il permesso di portare la cerva ad Euristeo. Dopodiché al leggiadro animale venne permesso di tornare a correre libero nelle foreste.
Nella Mitologia greca, il Cinghiale di Erimanto era un poderoso e ferocissimo cinghiale che viveva sul monte Erimànto e che terrorizzava tutta la regione: Eracle lo catturò vivo e lo portò ad Euristeo che per la paura si nascose in una botte. La sua cattura fu la quarta delle Dodici fatiche di Eracle.
Nella mitologia greca gli uccelli del lago Stinfalo erano uccelli mostruosi, con penne, becco ed artigli di bronzo. Essi si nutrivano di carne umana e catturavano le loro vittime trafiggendole con le loro penne di bronzo che fungevano da dardi. Avevano inoltre un finissimo senso dell'udito cosa che Eracle sfruttò per sconfiggerli.La caccia agli uccelli del lago Stinfalo costituì la quinta delle dodici fatiche di Eracle. Secondo il mito, Eracle fece alzare in volo gli uccelli disturbandoli con dei potentissimi sonagli di bronzo e uccidendone una buona parte con delle frecce avvelenate con il sangue dell'Idra di Lerna. Gli uccelli sopravvissuti volarono via per sempre.
Augìa è un personaggio della mitologia greca. Era il re dell'Elide, nel Peloponneso; alcuni autori lo indicano come figlio di Elio.
Augia aveva ricevuto dal padre Elio moltissimo bestiame. Grazie all'origine divina, gli armenti erano immuni dalle malattie, pertanto crescevano indefinitamente. Augia non puliva mai le stalle e le scuderie, tanto che il letame che continuava ad accumularsi creava seri problemi nei dintorni; allo stesso tempo il cielo era oscurato dagli sciami di mosche attirate dalla sporcizia. La sesta impresa delle fatiche di Eracle consistette nella pulizia delle stalle in un solo giorno, su ordine di Euristeo. Eracle propose al re Augia che avrebbe ripulito lo sterco dalle sue enormi stalle prima del calar del sole. In cambio gli chiese un decimo di tutto il suo bestiame. Il re incredulo accettò la scommessa e i due giurarono sul loro accordo. Allora Eracle aprì due brecce nei muri delle stalle, e deviò il corso dei vicini fiumi Alfeo e Peneo e le acque impetuose invasero le enormi stalle e i cortili spazzando via lo sterco fino alle valli del pascolo. Così Eracle compì la sua sesta Fatica ripulendo l'intera terra dell'Elide senza nemmeno sporcarsi. Allora Eracle chiese al re Augia la ricompensa promessa, ma questi rifiutò sostenendo di essere stato da lui ingannato: non Eracle bensì i fiumi avevano ripulito dallo sterco il suo regno. Eracle chiese che la controversia fosse sottoposta a giudizio che però fu a suo svantaggio e venne scacciato dall'Elide. Infine Euristeo non considerò valida la fatica poiché Eracle ne avrebbe ricevuto un compenso.Secondo un'altra versione, la lite che seguì alla mancata ricompensa per il lavoro svolto portò alla guerra: Eracle vinse e Augia fu ucciso.
Il Toro di Creta era un mostro taurino della mitologia greca. Aveva l'aspetto di un toro di grandi dimensioni, e possedeva la capacità di soffiare fuoco dalle narici. Il Minotauro nacque da questo e da Pasifae.La cattura del Toro di Creta fu la settima delle dodici fatiche di Eracle. Il mitico re di Creta, Minosse, concesse senza problemi all'eroe di portar via il feroce animale, dato che aveva creato problemi a Creta. Eracle riuscì a catturarlo vivo soffocandolo con le mani, e lo portò con sé ad Atene. Qui Euristeo avrebbe voluto sacrificare l'animale ad Era, che odiava Eracle. Costei rifiutò perciò il sacrificio, per non riconoscere la gloria di Eracle. Il toro fu quindi lasciato libero di vagare, finché si fermò a Maratona, diventando noto come "toro di Maratona".
Nella mitologia greca le "cavalle di Diomede" o "cavalle della Tracia" erano quattro feroci giumente che si nutrivano di carne umana. Bestie splendide e incontrollabili, appartenevano al gigante Diomede, re della Tracia, figlio di Ares e Cirene, che viveva sulle rive del Mar Nero. Si diceva che le giumente si nutrissero della carne dei soldati caduti in battaglia, e che quando non era in guerra Diomede avesse risolto il problema dando ogni giorno una grande festa nel suo palazzo per poi uccidere i suoi ospiti, dandoli in pasto ai feroci animali. La leggenda volle poi che Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno, fosse un discendente di tali cavalle.
Nella mitologia greca, Ippolita era la regina delle Amazzoni. Viene menzionata nel mito delle dodici fatiche di Eracle; la nona impresa dell'eroe consisteva infatti nell'impossessarsi della cintura di Ippolita.Secondo alcuni mitografi, Ippolita corrisponderebbe alla regina delle amazzoni, le famose guerriere a cavallo che vivevano attorno al mar nero. Ercole la fece prigioniera, le tolse il cinturone che la rendeva fortissima e lo portò ad Euristeo; secondo altre versioni sposò Teseo e fu la madre di Ippolito.Il personaggio di Ippolita è stato inoltre utilizzato da William Moulton Marston per la scrittura del suo fumetto più famoso, Wonder Woman. Infatti, Ippolita è la madre di Wonder Woman la quale nacque grazie al dono della dea Afrodite, alla quale la regina delle amazzoni si era rivolta per soddisfare il suo desiderio di maternità.
Gerione è una figura della mitologia greca, figlio di Crisaore e di Calliroe, e fratello di Echidna. Era un fortissimo gigante con tre teste, tre busti e due sole braccia, proprietario d'un regno esteso fino ai confini della mitica Tartesso. Possedeva dei bellissimi buoi e Euristeo ordinò a Eracle di catturarlo. Eracle partì e vide la barca dorata di Helios e se la fece dare in prestito. Arrivò nell'isola di Gerione e uccidendo il mostro si prese i buoi. Era arrabbiata mandò uno sciame di mosche a uccidere i buoi ma Eracle affrontò pure loro e vinse.
Il Giardino delle Esperidi è un luogo leggendario della mitologia greca. Nel Giardino cresceva un albero di pomi d'oro. Esso era custodito dal drago Ladone e dalle tre esperidi (Egle, Erizia ed Esperaretusa), figlie del titano Atlante. Nella sua undicesima fatica, Eracle si offrì di reggere il cielo al posto di Atlante purché egli gli portasse i frutti. Successivamente Atlante tornò da Eracle, ma ora che aveva apprezzato la libertà dal dovere di sostenere il cielo, disse ad Eracle che non avrebbe più voluto riprenderlo. Eracle, essendo stato giocato, decise di usare l'astuzia: disse che, se avesse dovuto reggere il cielo per mille anni (come aveva fatto il titano), si sarebbe dovuto sistemare meglio il carico sulle spalle e chiese quindi ad Atlante di reggergli il fardello per un momento. Egli ingenuamente accettò (lasciando a terra le mele rubate) e cadendo nel tranello di Eracle il quale legò il titano e, una volta prese le mele, fulmineo corse a consegnarle a Euristeo.
Nell'ultima e più dura delle sue dodici fatiche, Eracle è costretto a combatterlo e sconfiggerlo per portarlo a Micene da Euristeo. L'eroe non lo uccide, ma dimostra di averlo sconfitto in combattimento. Dopo aver ottenuto da Ade il permesso di portarlo via (a condizione di combatterlo da solo e senza armi) Eracle lo affronta e arriva quasi a strangolarlo, lottando con lui tutto il tragitto. Dopo di che, lo riporta nell'Ade perché riprenda a farne la guardia.
Oramai Eracle, dopo aver compiuto felicemente tutte le prove alle quali era stato sottoposto, era libero di andarsene dove voleva. Per sua natura era però inevitabile che si imbattesse in numerose altre avventure. E così: per vendicare un’ingiuria avuta da Ifito, Eracle lo getta dalle mura di Tirinto. Per espiare questo nuovo delitto, Eracle viene condannato dall’oracolo a un anno di schiavitù presso la regina Onfale di Lidia, la quale fa di lui il suo zimbello. Ma, riacquistata la libertà, l’eroe libera la bellissima Deianira dalle ingrate nozze col mostro Acheloo, la sposa e poi parte con lei per nuove imprese. Giungono sulle rive di un fiume in piena. Il centauro Nesso si offre di traghettarli, ma quando ha la bella Deianira in groppa, tenta di rapirla; Eracle uccide il centauro con una delle sue frecce avvelenate. Nesso, morente, per vendicarsi, induce Deianira a inzuppare una tunica nel suo sangue per farla indossare a Eracle, il quale, appena indossatola, sente bruciare le vene: si prepara un rogo, gli dà fuoco, vi sale sopra e scompare tra le fiamme. Ma un carro mandato da Zeus, trasporta l’eroe sull’Olimpo, dove Eracle si riconcilia con Hera e sposa la figlia di lei, Ebe.
Alle sovrumane imprese di Ercole, spesso compiute con un atteggiamento di sfida alla morte, si può attribuire anche un significato filosofico, morale e allegorico che supera quello immediato di semplice narrazione di gesta eroiche: la figura di Eracle rappresenta una tradizione di mistica interiore e le Fatiche possono essere tranquillamente interpretate come una sorta di cammino spirituale. Le ultime tre Fatiche di Ercole sono generalmente interpretate come una metafora della morte. Ercole è l'unico eroe greco al quale non sia stato attribuito un luogo di sepoltura, e i sacrifici e le libagioni ctonie in suo onore venivano celebrati contemporaneamente in tutte le località. Alcuni studiosi di recente hanno sostenuto l'ipotesi per cui le dodici fatiche di Ercole (Eracle) siano state assimilate ai dodici segni dello zodiaco, anche se in alcuni casi è difficile vederne una analogia.
La ricerca di una possibile localizzazione geografica dei luoghi in cui le Fatiche vengono portate a termine, porta a concludere che la maggior parte di esse si svolga nel territorio dell'Arcadia o, comunque, siano in relazione con esso.
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