Il Crocefisso Nelle Scuole Pubbliche



L’esposizione del crocifisso negli uffici pubblici in genere, è data con ordinanza ministeriale 11 novembre 1923 n. 250, nelle aule giudiziarie con Circolare del Ministro Rocco, Ministro Grazia e Giustizia, Div. III, del 29 maggio 1926, n. 2134/1867 recante “Collocazione del crocifisso nelle aule di udienza”, che recita:

“Prescrivo che nelle aule d’udienza, sopra il banco dei giudici e accanto all’effige di Sua Maestà il Re sia restituito il Crocifisso, secondo la nostra tradizione. Il simbolo venerato sia solenne ammonimento di verità e giustizia. I capi degli uffici giudiziari vorranno prendere accordi con le Amministrazioni Comunali affinché quanto esposto sia eseguito con sollecitudine e con decoro di arte quale si conviene all’altissima funzione della giustizia”.

L'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è presente in alcuni Paesi a maggioranza cattolica.

In Austria la presenza del crocifisso è garantita da una legge del 1949, confermata dal Concordato del 1962; può essere esposto nelle aule scolastiche se almeno metà degli alunni appartiene a una delle confessioni cristiane.

In Belgio il crocefisso, come ogni altro simbolo religioso, è proibito nelle scuole statali, provinciali e comunali, mentre è permesso nelle scuole cattoliche.

In Francia l'articolo 28 della legge 9 dicembre 1905 vieta espressamente l'esposizione di simboli o emblemi religiosi su monumenti o in spazi pubblici, a eccezione dei luoghi di culto, dei campi di sepoltura, dei musei e delle mostre. A un secolo di distanza il parlamento francese, ribadendo la laicità dello stato, ha approvato a larghissima maggioranza la legge n. 228 del 15 marzo 2004, comunemente chiamata "legge anti-velo", il cui articolo 1 estende il divieto proibendo, nelle scuole primarie e secondarie, di indossare simboli o indumenti che ostentino l'appartenenza religiosa.

In Germania il crocifisso è esposto solo in Baviera nelle aule delle scuole elementari, dato che il Land è storicamente cattolico; se però alcuni studenti obiettano che esso lede la loro libertà di coscienza, le autorità scolastiche aprono un procedimento di conciliazione, che può condurre alla rimozione. Una sentenza della Corte Costituzionale Federale tedesca del 1995 ha sancito l'incostituzionalità della presenza dei simboli religiosi nelle aule scolastiche.

A San Marino la coalizione di opposizione Sinistra Unita, dopo la sentenza contro l'Italia della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2009, ha chiesto la rimozione dei crocifissi nelle scuole, con la motivazione di rispettare la laicità nelle scuole, ma il Segretario alla Pubblica Istruzione Romeo Morri si è pronunciato contro la richiesta sostenendo che: "Mentre i valori del cristianesimo e del giudaismo hanno sempre affermato la libertà della ricerca di Dio, le menti intellettualmente povere hanno sempre negato sia la libertà che la ricerca. La disputa sul crocifisso rischia di segnare una regressione culturale e politica, perché limitativa della libertà di pensiero e delle sue manifestazioni, il vero pericolo è di livellare le esperienze religiose in nome della laicità e a costo di contraddire una sensibilità senza dubbio maggioritaria". Nel 2005 era stata proposta un'Istanza d'arengo per la rimozione del crocifisso da aule e uffici pubblici, poi rigettata.

Il crocifisso è affisso nelle aule scolastiche in Spagna dal 1930 ed è tuttora presente, nonostante la costituzione aconfessionale dello Stato entrata in vigore nel 1978.

Nel 2009 il governo guidato da Zapatero ha messo a punto un disegno di legge per togliere ogni simbolo religioso dalla scuola pubblica. Il dibattito era già nato poco prima, quando un giudice di Valladolid aveva deciso di "far ritirare i simboli religiosi dalle classi e dagli spazi comuni" in una scuola di Valladolid dopo che alcuni genitori nel 2005 ne avevano chiesto la rimozione.

Negli Stati Uniti Stati Uniti nelle scuole pubbliche di Stato non esiste il crocefisso nelle aule. Ci sono invece la bandiera americana e tipicamente anche il testo dell'inno nazionale.

In Svizzera il comune ticinese di Cadro decise di mettere il crocifisso in tutte le aule scolastiche, ma nel 1990 il Tribunale Federale si pronunciò contro l'esposizione dei crocifissi e per la loro rimozione con la motivazione che "lo Stato ha il dovere di assicurare la neutralità in ambito filosofico-religioso della sua scuola e non può identificarsi con una confessione o religione. Deve evitare che studenti e studentesse siano offesi nelle loro convinzioni religiose dalla continua presenza del simbolo di una religione a cui non appartengono".




La normativa relativa all'imposizione del crocifisso nelle aule scolastiche in Italia trova una prima (indiretta) indicazione nella legge Casati del 1859 sull'importanza della religione cattolica nelle scuole del Regno di Sardegna. Le normative citate dalla giurisprudenza sono contenute in due regi decreti del 1924 e 1928, mai abrogati, relativi rispettivamente alle scuole elementari e medie, sugli arredi scolastici delle aule, dove il crocifisso figura insieme con il ritratto del re d'Italia (con la repubblica, aggiornato con il ritratto del presidente). Non ci sono chiare indicazioni normative per le scuole materne, superiori ed università.

Chi si oppone all'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche contesta la violazione del principio di laicità professato dallo Stato italiano. I tribunali civili però si son detti non competenti a legiferare in materia: poiché le indicazioni del ministero non sono vere e proprie leggi civili, ma provvedimenti amministrativi interni alla scuola, la competenza spetta ai vari TAR. Il Consiglio di Stato, di grado superiore ai vari TAR nazionali e supremo organo di consulenza amministrativa, si è pronunciato a favore della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche con un parere del 1988 e uno del 2006.

La Corte europea per i diritti dell'uomo il 3 novembre 2009 con la sentenza Lautsi v. Italia stabilì in 1º grado di giudizio che il crocifisso nelle aule è "una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione", imponendo all'Italia un risarcimento di 5.000 euro per danni morali. Tale sentenza è stata poi ribaltata in 2º grado il 18 marzo 2011, quando la Grand Chambre, con 15 voti a favore e due contrari, ha assolto l'Italia accettando la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dell'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.

La legislazione attualmente valida che prescrive la presenza dei crocifissi nelle scuole risale all'epoca monarchica e fascista, in concomitanza dell'affievolirsi del dissidio tra Chiesa e Stato italiano risalente alla breccia di Porta Pia (1870).

Talvolta viene indicata, come prima legge relativa alla presenza del crocifisso nelle scuole, la cosiddetta legge Lanza del 1857, ma in realtà vi si legge solo che "negli istituti e nelle scuole pubbliche la religione cattolica sarà fondamento dell’istruzione e dell’educazione religiosa" (art. 10) e che la deputazione provinciale per le scuole (una sorta di precursore del provveditorato) deve occuparsi della "provvista degli arredi necessari" (art. 44), che non sono però precisati.

Alcune normative relative al crocifisso, non più valide, sono la legge Casati del 1859 e una legge del 1908 che riprende la disposizione precedente.

La circolare n. 68 del 22 novembre 1922 recitava:

« In questi ultimi anni, in molte scuole primarie del Regno l'immagine di Cristo ed il ritratto del Re sono stati tolti. Ciò costituisce una violazione manifesta e non tollerabile e soprattutto un danno alla religione dominante dello Stato così come all'unità della nazione.
Intimiamo allora a tutte le amministrazioni comunali del regno l’ordine di ristabilire nelle scuole che ne sono sprovviste i due simboli incoronati della fede e del sentimento patriottico. »
La circolare dell'8 aprile 1923, n. 8823 sull'Esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche prescriveva:

« In seguito alla circolare del 22 novembre 1922 con la quale si richiamavano i Comuni alla osservanza delle disposizioni regolamentari in ordine all'apposizione, in ogni aula scolastica del crocifisso e del ritratto di S. M. il Re, si è da varie parti richiesto che possa essere ammessa, in luogo del crocifisso, l'apposizione di un'immagine del Redentore in un sua espressione significativa, che valga a manifestare il medesimo altissimo ideale che è raffigurato nel crocifisso (per es. "Cristo e i fanciulli").
A tale quesito si è ritenuto di dover dare risposta affermativa. »
Quanto alla scuola media, il regio decreto n. 965 del 1924, in particolare all'art. 118:

« Ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l'immagine del crocifisso e il ritratto del Re. »
Similmente, il regio decreto n. 1297 del 1928 relativo alla scuola elementare ne decreta la presenza in questo modo per le cinque classi elementari:

« Tabella degli arredi e del materiale occorrente
nelle varie classi e dotazione della scuola.
Prima classe.
1. Il crocifisso.
2. Il ritratto di S. M. il Re.
(omissis) »
Le normative successive non modificano le disposizioni di queste leggi di epoca monarchica, o tacendo al riguardo o riaffermando esplicitamente le indicazioni dei Regi Decreti.

Né il Concordato del 1929 (Patti Lateranensi) né la sua revisione nel 1985 modificano la normativa vigente.

I Patti Lateranensi non fanno alcun espresso riferimento al crocifisso nei luoghi pubblici, de facto se ne autorizza e continua l'uso. Con l'accordo di Villa Madama del 1984 con la Santa Sede e entrato in vigore nel 1985, si prende atto che il cattolicesimo non è più religione di Stato.

Il 1º gennaio 1948 entra in vigore la Costituzione, che prevede all'art. 7 che Stato Italiano e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti; ciononostante lo stato recepisce i Patti Lateranensi che prevedevano il cattolicesimo religione di Stato.

La legge 641/1967 circa l'arredamento delle scuole elementari e media, estende le indicazioni del R.D. del 1928 (relativo alla sola scuola elementare) ad entrambi gli ordini, ribadendo dunque implicitamente la presenza del crocifisso:

« La facoltà spettante al Ministero della pubblica istruzione, a norma degli articoli 119, 120, 121 del regolamento generale sui servizi delle scuole elementari, approvato con regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297, è estesa per l'arredamento delle scuole medie. »
Curiosamente, la normativa avrebbe imposto anche la presenza del ritratto del re (citato nella legge del 1928 assieme al crocifisso), e forse per questo una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione di pochi mesi dopo (ottobre 1967) specifica che nelle aule di elementari e medie devono essere presenti, tra le altre cose, il crocifisso e il ritratto del presidente della Repubblica.

Il parere del Consiglio di Stato del 1988 considera "tuttora legittimamente operanti" i due R.D. che prevedono l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche, e rimarca che essi non possono essere considerati implicitamente abrogati dalla nuova regolamentazione concordataria sull'insegnamento della religione cattolica. Esso inoltre sottolinea come il crocifisso, "a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa".

« Conclusivamente, quindi, poiché le disposizioni di cui all'art. 118 del R.D. 30 aprile 1924, n. 965 e quelle di cui all'allegato C del R.D. 26 aprile 1928, n. 1297, concernenti l'esposizione del crocifisso nelle scuole, non attengono all'insegnamento della religione cattolica, né costituiscono attuazione degli impegni assunti dallo Stato in sede concordataria, deve ritenersi che esse siano tuttora legittimamente operanti. »
La motivazione viene data nel seguente modo:

« Occorre, poi, anche considerare che la Costituzione repubblicana, pur assicurando pari libertà a tutte le confessioni religiose non prescrive alcun divieto alla esposizione nei pubblici uffici di un simbolo che, come quello del crocifisso, per i principi che evoca e dei quali si è già detto, fa parte del patrimonio storico. »
« Né pare, d'altra parte, che la presenza dell'immagine del crocifisso nelle aule scolastiche possa costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa. »
Con il parere del Consiglio di Stato si afferma che il crocifisso esposto non va in contrasto con la libertà religiosa.

Il cosiddetto "Testo unico" della scuola del 1994 non abroga né modifica le disposizioni precedenti.
Un parere dell'avvocatura dello stato di Bologna del luglio 2002 dichiara che "le disposizioni che prevedono l'affissione del Crocefisso nelle aree scolastiche vanno ritenute ancora in vigore" e "l'affissione del Crocefisso va ritenuta non lesiva del principio di libertà religiosa".
Una triplice interrogazione al Senato del 2002 ha generato la risposta della Commissione Istruzione, secondo la quale "la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche non contrasta con la libertà religiosa", considerandolo "simbolo universale" e identificando come "importante obiettivo di convivenza civile il formarsi in tutte le scuole della consapevolezza del rispetto della cultura e delle tradizioni del nostro Paese".
Sia una direttiva, sia una nota del Ministero dell'Istruzione del 2002 riaffermano la presenza del crocifisso: "sia assicurata da parte dei dirigenti scolastici l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche". I due testi sembrano riguardare le sole elementari e medie.
Nel marzo 2003 l'Unione Musulmani d'Italia ha diffidato e invitato a "rimuovere dai locali di rispettiva competenza quel particolare tipo di simbolo religioso costituito dal crocifisso" i Ministri dell'Istruzione, della Salute e dell'Interno, che non hanno risposto. Il TAR del Lazio ha giudicato legittimo il silenzio-rifiuto.
Una risoluzione della commissione Cultura della Camera dei deputati del novembre 2003 sostiene che l'eventuale rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche è un'azione lesiva "della sensibilità e della cultura condivisa da una grande maggioranza della popolazione italiana", e che il crocifisso "oltre ad essere il simbolo della religione cristiana è l'emblema di valori quali la libertà dell'individuo e della persona, il rispetto di tutte le fedi religiose, la separazione tra “Dio e Cesare” fondamento della laicità dello Stato che sono i valori che fondano l'identità dell'Italia, dell'Europa e dell'intero Occidente".
Un'ordinanza del 2004 della Corte costituzionale, interpellata dal TAR del Veneto sulla costituzionalità delle leggi relative all'esposizione del crocifisso circa il caso di Abano Terme, "dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale", dato che "l'impugnazione delle indicate disposizioni del testo unico si appalesa dunque il frutto di un improprio trasferimento su disposizioni di rango legislativo di una questione di legittimità concernente le norme regolamentari richiamate: norme prive di forza di legge, sulle quali non può essere invocato un sindacato di legittimità costituzionale, né, conseguentemente, un intervento interpretativo di questa Corte". In altre parole, la Corte non accoglie né rifiuta la croce, dice solo che il Tar ha sbagliato a chiedere un pronunciamento di legittimità, perché non c'è una legge che imponga il crocifisso, ma una disposizione amministrativa che riprende un regio decreto.

Un secondo (dopo quello del 1988) parere del Consiglio di Stato del 2006, il n. 556 risponde a un ricorso dell'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR) con un'esposizione lunga e dettagliata, quasi a voler tagliare definitivamente la testa al toro. Ribadisce che i due RD sono tuttora in vigore, aggiungendo che "il riferimento alla natura del regime che governava il Paese all'epoca dell'emanazione delle citate norme regolamentari e al loro utilizzo talvolta strumentale, non può affatto comportare la loro abrogazione, sia perché si tratta di considerazioni metagiuridiche, sia perché la norma, una volta emanata, prescinde dalla sua occasione storica e mantiene la sua validità fino a che non intervenga un atto o fatto giuridico (e non storico) a valenza abrogativa". Aggiunge inoltre che "neppure va sottaciuta la circostanza che le norme sull'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche risalgono addirittura al 1859, in un contesto storico di profonda laicità dello Stato, desumibile dal noto aforisma cavouriano libera Chiesa in libero Stato". Ribadisce che lo stato italiano è laico, ma osserva che "il principio di laicità non risulta compromesso dall'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche". Il crocifisso deve poi essere considerato "non solo come simbolo di un'evoluzione storica e culturale, e quindi dell'identità del nostro popolo, ma quale simbolo altresì di un sistema di valori di libertà, eguaglianza, dignità umana e tolleranza religiosa e quindi anche della laicità dello Stato, che trovano espresso riconoscimento nella nostra Carta costituzionale". Conclude affermando che "in sostanza, nel momento attuale, mentre non si ravvisano elementi positivi di concreta discriminazione in danno dei non appartenenti alla religione cattolica, il crocifisso in classe presenta, dal canto suo, una valenza formativa di nessun peso qualificante ai predetti fini di libertà e può e deve essere inteso, anzi, come uno dei simboli dei principi di libertà, eguaglianza e tolleranza e infine della stessa laicità dello Stato, fondanti la nostra convivenza e ormai acquisiti al patrimonio giuridico, sociale e culturale d'Italia".

« In Italia, il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l'origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana. Questi valori, che hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo italiano, soggiacciono ed emergono dalle norme fondamentali della nostra Carta costituzionale, accolte tra i “Principi fondamentali” e la Parte I della stessa, e, specificamente, da quelle richiamate dalla Corte costituzionale, delineanti la laicità propria dello Stato italiano.
Il richiamo, attraverso il crocifisso, dell'origine religiosa di tali valori e della loro piena e radicale consonanza con gli insegnamenti cristiani, serve dunque a porre in evidenza la loro trascendente fondazione, senza mettere in discussione, anzi ribadendo, l'autonomia (non la contrapposizione, sottesa a una interpretazione ideologica della laicità che non trova riscontro alcuno nella nostra Carta fondamentale) dell'ordine temporale rispetto all'ordine spirituale, e senza sminuire la loro specifica "laicità", confacente al contesto culturale fatto proprio e manifestato dall'ordinamento fondamentale dello Stato italiano. »
In conclusione, secondo il Consiglio di Stato:

« si deve pensare al crocifisso come ad un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato. Nel contesto culturale italiano, appare difficile trovare un altro simbolo, in verità, che si presti, più di esso, a farlo. »

Un problema distinto ma correlato al crocifisso nelle scuole è relativo al fatto che molti seggi elettorali sono ubicati in aule scolastiche elementari e medie, dove appunto dovrebbe essere presente il crocifisso. Si sono verificati alcuni casi di elettori o scrutatori che si sono rifiutati di adempiere rispettivamente al proprio diritto o dovere con motivazioni legate alla libertà di coscienza. Gli episodi hanno avuto dunque una certa eco mediatica, e in alcuni casi anche implicazioni giuridiche.







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