LA CHIESA ORTODOSSA



« Il termine “ortodossia”, di origine greca, significa letteralmente “retta dottrina”. A questo significato primario la tradizione ecclesiale orientale ne aggiunge un secondo, complementare al primo, quello di “retta glorificazione”. I due significati esprimono la medesima realtà, cioè la professione della retta fede cristiana, sia essa formulata sul piano concettuale (dottrina) o celebrata nella liturgia della Chiesa (glorificazione).»

A partire dai primi secoli del cristianesimo, quando la Chiesa indivisa era denominata "cattolica" nel credo niceno-costantinopolitano e "ortodossa" negli atti ufficiali degli imperatori romani, il termine "ortodossia" venne a esprimere nel linguaggio della Chiesa l'adesione piena al messaggio evangelico originario di Gesù Cristo trasmesso dagli apostoli, senza aggiunte né amputazioni né mutazioni. In quanto fedeli a tale messaggio, le Chiese orientali, comprese le Chiese ortodosse orientali, definivano se stesse come ortodosse. Da notare che la Chiesa cattolica, senza con ciò esprimere un giudizio sulla loro effettiva ortodossia, accetta l'autodenominazione usata dalle singole Chiese antiche, anche da quelle che non hanno riconosciuto il Concilio di Calcedonia.

L'ortodossia, in senso confessionale, è rappresentata in massima parte da una serie di Chiese nazionali autocefale. Queste hanno un loro sinodo e un loro Primate, e pur essendo in piena comunione sacramentale e canonica tra loro, agiscono indipendentemente l'una dall'altra dal punto di vista amministrativo. Vi sono anche Chiese autonome o semiautonome che hanno un notevole grado di autogoverno, ma non possono definirsi autogovernantesi innanzitutto perché l'elezione del loro Primate viene formalmente approvata dal Sinodo della Chiesa autocefala da cui dipendono, che in genere è il Patriarcato che le ha generate.

Va tuttavia specificato che non mancano all'interno dell'ecumene ortodossa tutta una serie di situazioni oggetto di controversie giurisdizionali, talora tali da porre in crisi la comunione di qualche particolare realtà. Specie in mancanza di un arbitrato patriarcale. Ciò può dipendere da conflitti legati a svariati motivi. Ci sono casi di controversia per l'autodeterminazione nazionale di un popolo (come nel caso delle Chiese ortodosse estone, ucraina, bielorussa, montenegrina e macedone, per ora, e che quindi non sono in comunione con le principali Chiese ortodosse), nel caso in cui il relativo Patriarcato, per suoi motivi, non voglia concederla.

L'inizio ufficiale della Chiesa "ortodossa" viene fatto risalire all'anno 1054, dopo cioè quello che le fonti storiche definiscono tradizionalmente come il grande scisma, in seguito al quale quella che fu l'unica Chiesa cattolica e romana, cioè la chiesa di stato dell'Impero romano, ormai definitivamente diviso, vide la sua parte orientale e quella occidentale dividere le strade altrettanto definitivamente. Questo però dopo secoli di controversie con varie rotture, a cominciare da quella per il titolo "ecumenico".

D'altra parte se la Chiesa occidentale ha sempre parlato di "scisma d'Oriente", quelle orientali han sempre parlato di "scisma dei Latini" per indicare l'ultima rottura della comunione del 1054. E ritengono la Chiesa occidentale, cioè latina o cattolica romana, non solo scismatica rispetto a quella orientale od ortodossa, ma anche eretica per l'aggiunta del "Filioque" al Credo. Per tutti la storia della Chiesa Cristiana inizia con Cristo e la sua predicazione, senza alcuna soluzione di continuità. Ma per la Chiesa "ortodossa" solo in essa ora sussiste la Chiesa fondata da Gesù di Nazareth.

Per la precisione, il termine "ortodossia" era nato secoli prima, ma in opposizione alle Chiese "eretiche" ariane o monofisite. Questa definizione compariva nelle fonti degli imperatori romani, che la utilizzavano per designare il principale attributo della Chiesa di Stato. L'aggettivo "ortodosso" veniva utilizzato, soprattutto in Oriente, per designare alcune dottrine o interpretazioni teologiche ritenute esatte, rispetto ad altre, considerate non corrette, finendo per intendere la dottrina ufficiale della Chiesa di stato dell'Impero romano, di cui poi la Chiesa ortodossa, compresa allora quella occidentale, ritenne d'essere la continuatrice.

Quello che è certo è che nel VII secolo, durante la controversia monotelita, Massimo il Confessore conosce sia il termine di "Chiesa ortodossa", sia quello di "Chiesa cattolica" e li ritiene una stessa e identica realtà. Già a suo tempo esistevano polemiche tra Occidente e Oriente, ma Massimo riesce a dare una interpretazione completamente tradizionale anche alla controversa dottrina del Filioque che allora iniziava a farsi notare.

Momento cruciale, che separò le Chiese d'Oriente e d'Occidente, fu da una parte la contestazione del patriarca "ecumenico" Michele Cerulario nei confronti di quelle che si ritenevano innovazioni o eresie della Chiesa latina, relative a questioni come la processione dello Spirito Santo (con relativa introduzione del Filioque nel Credo da parte delle Chiese occidentali), il celibato ecclesiastico obbligatorio (promosso dall'allora papa Leone IX), l'uso del pane azimo per l'eucaristia. Dall'altra parte le controversie di carattere sì liturgico/dogmatico ma più propriamente giuridico e politico, e cioè il ripristino della giurisdizione patriarcale da parte del papa di Roma sui possedimenti bizantini nel sud dell'Italia e dei Balcani (passati a Costantinopoli dall'imperatore Leone III), oltre al supposto tentativo papale a esercitare un vero e proprio primato di giurisdizione sui Patriarcati orientali.

Per queste ragioni, se già dal 1024, dopo il fallimento delle trattative tra il patriarca Eustazio e papa Giovanni XIX, a Santa Sofia non veniva più commemorato il Papa di Roma nella liturgia, papa Leone IX rispose duramente alle contestazioni, tramite i suoi ambasciatori nella capitale, con la scomunica, appoggiata peraltro dall'imperatore bizantino Costantino IX. A cui il patriarca Michele rispose con un proprio anatema contro Roma: i due atti determinarono la definitiva separazione reciproca.

Le controversie teologiche si agitavano da secoli ma potevano essere in qualche modo ridimensionate se lette in una prospettiva tradizionale come fece Massimo il Confessore, esperto conoscitore sia del mondo bizantino, sia di quello romano. Purtroppo tali differenze cominciarono a essere una reale pietra d'inciampo solo nel momento in cui divennero un pretesto religioso che copriva fini politici da parte dei Franchi e di Carlo Magno. Impugnando la questione del Filioque, egli voleva sottolineare la perfetta legittimità dei territori da lui conquistati e anche l'illegittimità dell'allora imperatore costantinopolitano in quanto donna (secondo la legge salica occidentale) ed eretica. Senza contare le lotte iconoclaste che più che i rapporti tra i due Patriarcati avevano minato quelli tra Papato e Impero orientale, indirizzando Roma verso i Longobardi e poi i Franchi.

La quarta crociata, in seguito, grazie alla deviazione su Costantinopoli e alla reazione aggressiva di Venezia per il mancato pagamento, finì per determinare la separazione anche a livello popolare dal momento che tutto il popolo costantinopolitano vide i soprusi e la crudeltà di quelli che avrebbero dovuto essere loro "fratelli di fede cristiana". Anche tralasciando il fatto che Venezia faceva teoricamente anche parte dell'Impero bizantino, questi eventi crearono un vero e proprio estraniamento e stabilirono una diffidenza continuata nei secoli.

Quelle chiese alle quali si applica in questo articolo il termine "Chiesa ortodossa", e che dopo il Concilio di Calcedonia (451) avevano già sofferto la scissione con le Chiese ortodosse orientali, hanno così iniziato a riservare a sé il termine "ortodossia", pur senza rinunciare anche alla nozione di "cattolicità" prevista dal Credo niceno-costantinopolitano. Ciò deriva dal fatto che le Chiese di tradizione bizantina ritengono che solo nell'Ortodossia, e cioè in se stesse, debba sussistere la "Chiesa universale" fondata da Cristo. Di cui affermano di incarnare la continuità e a cui appartengono tutti i veri battezzati. Per tali ragioni gli ortodossi, come di contro i cattolici, si percepiscono come i custodi dell'originale cristianità apostolica.

Rispetto alla Chiesa cattolica o Chiesa cattolica romana, la Chiesa bizantina non riconosce, oltre al primato papale di giurisdizione, la dottrina concernente il purgatorio e la processione dello Spirito Santo dal Figlio, divenute ufficiali in Occidente dopo la separazione del 1054. La Chiesa bizantina, inoltre, differisce dalla Chiesa latina in quanto non ammette la grazia creata ma, piuttosto, crede che l'uomo sia reso partecipe delle energie divine increate. Le "differenze" arrivano fino all'uso o meno delle sedie in chiesa.

A livello pratico, la Chiesa bizantina pratica in massima parte il rito bizantino, che prevede il battesimo per immersione, offre l'eucarestia ai fedeli con pane lievitato e vino in un cucchiaio e domanda il celibato solo ai monaci e ai vescovi, e non ai presbiteri e ai diaconi non monaci. Questo rito, tuttavia, non è il solo praticato nell'ambito dell'ortodossia, né d'altra parte è praticato solo da essa, essendovi anche alcune comunità cattoliche orientali che lo praticano.

Bisogna notare che per quanto riguarda la fede le Chiese ortodosse tendono a considerare pure "eretica" la Chiesa cattolica sia per la dottrina del Filioque sia per alcuni dogmi poi proclamati, come quello dell'infallibilità papale del 1870 e quello dell'Immacolata concezione del 1854.

La Chiesa cattolica, invece, considera le Chiese ortodosse come scismatiche più che eretiche, a parte il cesaropapismo, forse superato dai tempi. A differenza di quanto avviene per esempio nei confronti delle Chiese protestanti, specie per la dottrina della salvezza/giustificazione.

Di contro, le Chiese ortodosse ritengono la Chiesa cattolica romana "scismatica" rispetto all'ortodossia solo limitatamente alle giurisdizioni più "ecumeniste". A questo si aggiunge la questione irrisolta del calendario giuliano o calendario gregoriano.

La Chiesa ortodossa, talvolta indicata come Chiesa ortodossa orientale o Chiesa cristiana d'oriente o Chiesa cattolica ortodossa, è una comunione di Chiese cristiane nazionali che sono o autocefale (cioè di cui il capo non riconosce alcuna autorità religiosa al di sopra di sé) o autonome (cioè dipendenti da un patriarcato ma distinte). Delle Chiese autocefale, nove sono patriarcati storici o moderni.

Come è indicato nelle pubblicazioni del Dipartimento di Statistiche delle Nazioni Unite, le denominazioni usate dai vari stati per indicare le religioni non sono uniformi. Così i cattolici sono identificati come "cattolici" in Albania, ma "cattolici romani" in Anguilla, e il termine "ortodosso", che in Etiopia indica soprattutto appartenenza alla Chiesa ortodossa etiope, una delle Chiese ortodosse orientali, in Romania indica soprattutto l'essere membri della Chiesa ortodossa rumena, una delle Chiese che in inglese e tedesco sono anch'esse chiamate orientali (usando però un vocabolo distinto ma sinonimo), ma che in lingue che non dispongono di una simile coppia di sinonimi sono chiamate bizantine o calcedonesi. Queste ultime lingue attualmente riservano l'aggettivo "orientali" per le Chiese che non accettano il Concilio di Calcedonia.

La Chiesa ortodossa bizantina o calcedonese è l'erede della cristianità dell'antico Impero romano d'Oriente, chiamato poi Impero bizantino, e in seguito Ottomano, allora suddivisa negli antichi quattro Patriarcati storici di Gerusalemme, Antiochia, Alessandria e Costantinopoli, senza il quinto, d'Occidente. Essa ritiene che solo al proprio interno, quindi in via esclusiva, sussista la continuità della Chiesa universale fondata da Gesù Cristo (come lo ritiene da parte sua la Chiesa cattolica romana).

Tale Comunità riconosce un primato d'onore alla sede patriarcale di Costantinopoli (autodefinitasi "ecumenica" in un sinodo tenuto a Costantinopoli nel 587, dopo l'autopromozione gerarchica nel Concilio di Calcedonia del 451, nonostante le proteste degli altri Patriarcati), dal momento che la principale sede patriarcale, quella di Roma o d'Occidente, alla quale, in base alla tradizione e ai Concili ecumenici tale primato spettava e spetterebbe, dal 1054 non è più in comunione con le 4 antiche sedi patriarcali e le loro affiliazioni orientali.

Le Chiese ortodosse più conosciute sono la Chiesa ortodossa greca e la Chiesa ortodossa russa, riconosciute dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli rispettivamente nel 1850 e nel 988. Di queste la seconda è numericamente maggiore. Nel suo complesso, la Chiesa ortodossa, sia euro-orientale sia medio-orientale, ecc., è per dimensioni la terza maggiore confessione cristiana: contando 250 milioni di fedeli in tutto il mondo, anche se in larga prevalenza nei paesi dell'Europa orientale, ora per opera dei fenomeni di immigrazione anche diffusa in Europa e in tutto l'Occidente.

Si chiama autocefala ogni Chiesa che ha il diritto di organizzarsi autonomamente, scegliendo i propri vescovi, compreso il patriarca o il metropolita o l’arcivescovo che ne è a capo. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli rivendica il diritto esclusivo di concedere l’autocefalia, ma ciò ha creato motivi di contesa con il Patriarcato di Mosca, che talora l’ha concessa autonomamente. Il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, pur considerato il centro spirituale dell’ortodossia è in realtà una delle autocefalie più piccole: 3.500.000 fedeli sparsi in Turchia, Grecia, Europa occidentale, America e Australia.



Il Patriarcato di Mosca (Chiesa Russa) costituisce, invece, per numero di fedeli (ca. 80.000.000) e per il prestigio che gli deriva dal fatto di avere l’appoggio del più grande e potente Stato di stirpe slava, la comunità ortodossa più importante. Dal 1990 ha dovuto riconoscere un certo livello di autonomia alle Chiese di Bielorussia e di Ucraina (dapprima considerate suoi esarcati), concedendo loro la denominazione rispettivamente di Chiesa ortodossa di Bielorussiae Chiesa ortodossa di Ucraina. La Chiesa ortodossa di Moldaviaha avuto riconosciuta l’autonomia dal patriarcato di Mosca nel 1991, ma nel 1992 il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Romania decise di ricostituire in quei territori la metropolia di Bessarabia, per cui gli ortodossi di quello Stato si trovano ora divisi tra due giurisdizioni. In Estonia, dopo la riacquisizione dell’indipendenza nazionale nel 1991, la locale Chiesa ortodossa cercò di recuperare l’autonomia perduta nel 1945, quando era stata assorbita dal Patriarcato di Mosca, ma quest’ultimo ha rivendicato la legittimità della propria diocesi in Estonia. La Chiesa armena è retta da un katholikòs con sede a Ecmiadzin. La Chiesa georgiana è retta da un katholikòs con sede a Tbilisi.

La Chiesa ortodossa albanese ebbe riconosciuta l’autocefalia nel 1937; dopo le durissime persecuzioni del regime comunista, ora le confessioni religiose del paese sono in ripresa.

La Chiesa ortodossa greca, staccatasi dal Patriarcato di Costantinopoli nel 1833, è diretta da un santo sinodo e ha giurisdizione su tutti i territori greci. La Chiesa di Cipro è retta da un santo sinodo e ha per capo un arcivescovo; questi, prima che Cipro ottenesse l’indipendenza, aveva anche il titolo e le funzioni di etnarca, cioè di capo civile dei cristiani ortodossi con poteri di rappresentanza prima nei confronti del sultano, poi verso l’autorità britannica.

Le Chiese melkite comprendono il Patriarcato di Antiochia, con sede principale a Damasco, che conta una quindicina di eparchie e altre due eparchie all’estero, il Patriarcato di Gerusalemme, retto da un sinodo, di cui il patriarca è il presidente, e il Patriarcato di Alessandria, retto da un sinodo presieduto dal patriarca (che come dignità viene subito dopo quello di Costantinopoli), con giurisdizione sul continente africano e sull’isola di Malta.

La Chiesa nazionale bulgara fu la prima a sottrarsi alla giurisdizione del patriarca di Costantinopoli nel 1870, creandosi una gerarchia e un clero esclusivamente bulgari, quando in precedenza essi erano quasi esclusivamente greci. Retta in origine da un esarca (cui la scomunica del patriarca di Costantinopoli fu tolta solo nel 1945), dal 1948 è retta da un patriarca.

La Chiesa nazionale romena è retta da un patriarca istituito nel 1925, con sede a Bucarest. Dal 1993 il patriarcato ha ristabilito la sua giurisdizione in zone che tra le due guerre mondiali erano parte del territorio romeno, il Nord della Bucovina (ora in Ucraina) e la Bessarabia (nell’attuale Repubblica di Moldavia).

La Chiesa nazionale serba divenne autocefala e indipendente dal Patriarcato di Costantinopoli nel 1878; è retta dal patriarca, che ha il titolo di «arcivescovo di Pec, metropolita di Belgrado e Karlovci, patriarca serbo» e presiede il santo sinodo.

La Chiesa ortodossa di Polonia fu riconosciuta autocefala nel 1924 dal patriarca ecumenico di Costantinopoli e nel 1948 dal patriarca di Mosca.

La Chiesa ortodossa della Repubblica Ceca e della Slovacchia deriva dalla Chiesa ortodossa di Cecoslovacchia, riconosciuta come autocefala nel 1951 dal patriarcato di Mosca ma non da quello di Costantinopoli; dopo la divisione dello Stato in due distinte repubbliche, si è suddivisa in due province metropolitane, con un Santo Sinodo che si riunisce in sedute unificate.

Rispetto a una Chiesa autocefala, una Chiesa autonoma si distingue per il fatto che, pur funzionando come Chiesa indipendente, mantiene la dipendenza da un’altra Chiesa, in quanto il proprio capo deve essere confermato nel suo ufficio dal capo o dal sinodo di una Chiesa autocefala. Sotto la giurisdizione del patriarca di Mosca sono autonome la Chiesa ortodossa di Cina e la Chiesa ortodossa del Giappone; l’autonomia della Chiesa ortodossa di Finlandia fu riconosciuta nel 1921 dal patriarca di Mosca, ma nel 1923 essa fu posta sotto la protezione del patriarca di Costantinopoli. La Chiesa ortodossa del Monte Sinai dipende dal patriarcato di Costantinopoli e comprende meno di un migliaio di fedeli retti dall’igumeno o superiore del monastero di S. Caterina.

Sono comunità ortodosse di stato irregolare quelle dei cosiddetti vecchi credenti (raskol´), seguaci dello scisma verificatosi nella Chiesa ortodossa russa nel 17° sec., la Chiesa ortodossa russa fuori della Russia (piccola formazione che dopo la rivoluzione bolscevica non volle accettare il modus vivendi instaurato dal patriarca di Mosca con il governo sovietico), il patriarcato di Kiev separatosi nel 1993 dalla Chiesa ortodossa di Ucraina, la Chiesa ortodossa di Bielorussia, la Chiesa ortodossa di Macedonia, autoproclamatasi autocefala nel 1967. In Grecia e in Romania esistono comunità separate dalle Chiese ortodosse nazionali a causa dell’introduzione del calendario gregoriano in sostituzione di quello giuliano.

Gli ortodossi, ovviamente, concepiscono Dio in maniera molto simile a come viene concepita dai cattolici, ma non identica. Gli ortodossi credono sì in un solo Dio in tre persone (Padre, Figlio e Spirito Santo), ma per quanto riguarda il rapporto tra Dio e la creazione i loro teologi distinguono fra essenza eterna di Dio ed energie divine. L’essenza divina sarebbe inconoscibile, mentre possono essere conosciute le energie o atti divini. Ora, un conto è dire che il mistero di Dio non potrà mai essere completamente compreso dall’intelligenza delle creature (angelo o uomo che sia), altro è affermare una completa inconoscibilità dell’essenza divina. Ciò infatti può comportare la convinzione secondo cui Dio non sarebbe costitutivamente logos, bensì potrebbe essere concepito volontà pura indipendente da qualsiasi logica. Si tratterebbe, ovviamente, di un effetto del rifiuto del metodo analogico, cioè della possibilità di conoscere la natura di Dio anche attraverso la ragione umana.
Dunque, una tale convinzione (la completa non conoscibilità dell’essenza divina) può portare a delle conseguenze ben precise. Prima fra tutte quella di “separare” (e non solamente “distinguere”) il piano naturale da quello soprannaturale. Ovvero di ritenere il piano naturale giudicato da leggi completamente diverse rispetto all’essenza della realtà soprannaturale. Tanto è vero questo, che l’Ortodossia pone poca attenzione al rapporto tra fede e scienza, rapporto che è invece è sempre stato ed è tuttora importante per il Cattolicesimo. Altra conseguenza è il fenomeno del cesaropapismo, ovvero la sottomissione del potere religioso rispetto a quello politico. È vero che questo fenomeno è legato primariamente alla rinuncia da parte dell’Ortodossia del potere temporale, ma non ne è estranea anche la singolare concezione di Dio di cui abbiamo appena parlato.
Gli ortodossi ritengono che il dogma della processione dello Spirito Santo anche dal Figlio (“Filioque”) non sia contenuto nelle parole del Vangelo o non sia stato accettato dalla fede degli antichi Padri. Al limite, dichiarano di essere disposti ad affermare l’espressione secondo cui lo Spirito Santo procederebbe dal Padre attraverso il Figlio, ma non dal Figlio. Le conseguenze di una convinzione di questo tipo sono molto importanti. Infatti, negare che lo Spirito Santo proceda logicamente dal Figlio, vuol dire negare che l’amore proceda dalla verità.

Per quanto riguarda la Vergine Maria, gli ortodossi negano il dogma dell’Immacolata Concezione, affermando che la Vergine sarebbe stata concepita con il peccato originale, ma che poi sarebbe stata purificata al momento del concepimento del Verbo Incarnato.
Si insiste, invece, sul fatto che Maria non commise mai peccato, che rimase sempre vergine e che, ovviamente, è vera Madre di Dio. Si afferma anche che Maria fu assunta in Cielo, ma non se ne fa una verità vincolante.

Per quanto riguarda i sacramenti, il Cristianesimo ortodosso non ne ha mai definito dogmaticamente il numero. In tempi recenti ha riconosciuto di fatto i sette sacramenti della Chiesa Cattolica ai quali ha aggiunto altri come: la tonsura monastica, la benedizione delle acque, la consacrazione delle icone.
Per quanto riguarda il Battesimo, a differenza della Chiesa Cattolica dove questo può essere amministrato anche per infusione, nelle comunità ortodosse esso deve invece essere amministrato per immersione.
Per quanto riguarda la Cresima, il rito ortodosso è esteso a tutto il corpo con una serie di unzioni col crisma benedetto dal vescovo. A differenza del Cattolicesimo, il ministro può anche essere il sacerdote, anche se il crisma deve essere comunque consacrato da un vescovo.
Per quanto riguarda l’Eucaristia, nell’Ortodossia non si utilizza il termine transustanziazione ma trasmutazione. Teologicamente non cambia nulla. L’Eucaristia è celebrata con pane di frumento fermentato e non azimo (questa è una differenza) e vino rosso mescolato con acqua tiepida all’interno del calice. La Comunione è distribuita sempre sotto le due specie. Per riceverla non si esige la capacità di distinguere il pane comune da quello “trasmutato”, infatti la Comunione può essere amministrata anche ai bambini molto piccoli dopo il Battesimo. Altra differenza: mentre i cattolici identificano la transustanziazione con le parole di Cristo all’Ultima Cena, gli ortodossi identificano la trasmutazione con la conclusione del canone eucaristico, ovvero con l’epiclesi o invocazione allo Spirito Santo.
Per quanto riguarda il sacramento della Penitenza, esso è molto simile a quello cattolico. Però nell’Ortodossia ognuno deve confessarsi col proprio “padre spirituale” e senza il confessionale a grata. Alcuni affermano che nell’Ortodossia la Confessione verrebbe vista soprattutto come una sorta di “terapia dell’anima”. Infatti, a differenza di ciò che accade nel Cattolicesimo, il confessore non “assolve” il penitente dai peccati bensì recita una preghiera invocando il perdono divino.
Per quanto riguarda l’Unzione degli infermi, nell’Ortodossia questo sacramento può essere amministrato anche a coloro che soffrono solo spiritualmente e non è stato mai solo riservato agli ultimi momenti della vita.
Per quanto riguarda l’Ordine, anche nell’Ortodossia esso permette la creazione dei ministri della Chiesa, nei tre gradi di vescovo, presbitero e diacono. Solo il vescovo è eletto fra i celibi (specificamente fra i monaci), mentre sacerdoti e diaconi possono essere scelti tanto fra celibi quanto tra sposati, per quest’ultimi però è necessario che non siano in seconde nozze e non si sposino dopo l’ordinazione. I ministri sono eletti solo fra i maschi.
E infine il Matrimonio. Per l’Ortodossia neppure la morte di uno dei due coniugi può sciogliere il vincolo. Solo il vescovo può decidere se ammettere i suoi diocesani a seconde o terze nozze. A questo però si aggiunge qualcosa che va completamente a discapito di questo sacramento: si afferma che, ove sia assolutamente venuto meno l’amore coniugale per adulterio, può ammettersi il divorzio. Si tratta di un permesso causato da una errata interpretazione di Matteo 19, 9: «Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra, commette adulterio». In realtà, Gesù vuol dire che in caso di concubinato la propria moglie si può ripudiare perché non è davvero moglie, mentre gli ortodossi interpretano, sbagliando, concubinato come adulterio e quindi come una possibile eccezione all’indissolubilità del matrimonio.

Gli ortodossi non credono nel Purgatorio, anche se – contraddittoriamente – invitano a pregare per i defunti. In realtà, si afferma che dopo la morte nel suo avvicinamento verso Dio l’anima dovrebbe superare dei punti di blocco, definiti “stazioni di pedaggio”. In questo avvicinamento l’anima incontrerebbe i cosiddetti “demoni dell’aria” e sarebbe da loro giudicata, provata e tentata. Il giusto che ha vissuto santamente la sua vita terrena supererebbe velocemente queste prove senza timore e terrore.




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