FURTI E RAPINE





La rapina, nel diritto penale italiano, è il delitto previsto dall'art. 628 c.p.. Tale articolo delinea due figure di rapina, la rapina propria se la violenza è mezzo per ottenere l'impossessamento, rapina impropria se invece serve a mantenere il possesso o ad assicurare a sé o ad altri l'impunità.

Nel diritto romano un editto del pretore Lucullo (76 a.C.) istituì un'azione da esperire entro l'anno per il quadruplo del valore dei danni provocati e delle cose asportate in caso di rapina.
L'editto non riguardava soltanto le bona vi rapta commessi da bande di schiavi, ma anche quanti avessero organizzato attruppamenti di uomini sia quanti avessero solo istigato violenza, nonché la persona singola che avesse direttamente commesso la rapina. Autonoma configurazione ebbe così l’actio vi bonorum raptorum (per il quadruplo entro l'anno, per il simplum dopo in ogni caso infamante; con Giustiniano diventa mista a un tempo).

Prima dell'editto del pretore non si trattava di un furtum manifestum, sicché dal punto di vista del furtum essa sarebbe stata perseguita con la pena del doppio. Con l'editto luculliano la rapina fu invece sanzionata come il furtum manifestum.

Reato plurioffensivo poiché vengono ad essere lesi l'incolumità personale sia l'integrita del patrimonio;
è un reato complesso ex art. 84 c.p. i cui elementi costitutivi sono il furto (art. 624 c.p.) e la violenza privata (art. 610 c.p.) che rimangono assorbite nella rapina purché la violenza non si concretizzi in un fatto più grave come, ad esempio, le lesioni personali;
è un reato procedibile d'ufficio con arresto obbligatorio e per il quale è consentita l'applicazione della misura cautelare del fermo di indiziato di delitto.

L'elemento soggettivo è rappresentato dal dolo specifico, cioè la coscienza e volontà del fatto tipico accompagnato dal fine di perseguire un ingiusto profitto, che ricorre ogni qualvolta la pretesa economica che il soggetto attivo persegue non riceva alcuna tutela dall'ordinamento giuridico. In caso contrario non si verrebbe a configurare il reato di rapina bensì il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone ex art. 393 c.p. ovvero violenza privata ex art.610 c.p.

Il momento consumativo del reato è identificabile con quello dell'impossessamento del bene, impossessamento che deve essere compiuto dal soggetto agente con le proprie mani, ossia con atto materialmente volto a entrare nel possesso del bene oggetto del reato poiché, se la cosa fosse semplicemente consegnata all'aggressore da parte del soggetto passivo tale fattispecie potrebbe essere ricondotta all'estorsione, regolata dall'art. 629 c.p.

Dottrina e giurisprudenza oggi dominanti ritengono che la differenza tra queste due figure di reato non risieda nelle modalità di consegna del bene, quanto nel fatto che in capo alla vittima possa esistere una facoltà di scelta in merito alla stessa. In particolare si avrà rapina e non estorsione qualora il soggetto passivo del reato si trovi nella piena soggezione del suo oppressore. Soggezione che sfocerà in una impossibilità di scelta fra il male minacciato e la consegna della cosa.

Il tentativo è configurabile in tutte quelle ipotesi in cui pur esercitandosi la violenza non si riesce a impossessarsi della cosa mobile o qualora, compiuta la sottrazione, si tenti di utilizzare violenza o minaccia al fine di conseguire l'impunità. La norma, dunque, lascia trasparire due differenti forme di rapina: quella cosiddetta propria in cui la violenza o minaccia precedano l'impossessamento e la cosiddetta impropria in cui la violenza o minaccia siano successive all'impossessamento e siano finalizzate a conseguire l'impunità.

Se l'agente è membro di un'associazione di tipo mafioso la pena è aumentata al fine di reprimere il fenomeno della criminalità organizzata.



Il comma terzo dell'art. 628 c.p., prevede circostanze aggravanti a effetto speciale. La prima ipotesi, al n. 1 del comma 3, è afferente alla "violenza o minaccia commessa con armi". La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, ha sancito che il semplice uso o porto di un'arma giocattolo, (priva del tappo rosso) assume rilevanza penale solo se mediante esso si realizzi un reato del quale rappresenti elemento costitutivo o circostanza aggravante. La seconda ipotesi si verifica quando la violenza o minaccia è "commessa da persona travisata". L'ultima delle ipotesi è quella della "violenza o minaccia commessa da più persone riunite".

Si parla di furto nell’articolo 624 del Codice Penale, ed è definito come l'atto di impossessamento indebito di un bene di proprietà altrui, che viene sottratto con destrezza e senza esercitare violenza sulla persona che detiene il bene in quel momento. Oggi, modifiche alla disciplina definiscono furto anche la sottrazione di un bene immateriale. Ad essere tutelato giuridicamente è il bene oggetto del patrimonio di taluno.
L'art. 624  del Codice Penale recita: commette un furto chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sè o per altri.
 
Si tratta di condotte simili rispetto all’azione dell’impossessamento, si differenziano essenzialmente per la violenza, in un caso esercitata  su cose, nell’altro su  persone. Negli anni sono state apportate modifiche  al Codice Penale  rispetto a tale tipi di reati. Intanto dalla procedibilità di ufficio si è passati alla procedibilità a querela della persona offesa. Anche il minimo della pena è stato innalzato, oggi è pari a sei mesi. .

Altra considerazione importante da fare è quella relativa  all’elemento soggettivo, rappresentato dal dolo specifico, vale a dire la reale volontà di commettere tale azione, al fine di perseguire un ingiusto profitto. Se invece la pretesa economica ha ad oggetto un bene sul quale possiamo giuridicamente vantare dei diritti si parla di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Facciamo un esempio concreto. Se siamo creditori di una somma di denaro e il nostro debitore non vuole elargircela, e noi usiamo violenza per indurlo a darci quanto ci spetta, quello è un caso tipico di “violenza privata”, appunto, esercizio arbitrario delle proprie ragioni, un reato anche quest'ultimo.

Altra interessante osservazione è valutare in che modo il bene passa dalle mani del soggetto passivo a quelle del soggetto attivo. Per profilarsi la rapina l'impossessamento del bene deve avvenire sotto minaccia, concreta ed immediata, se il bene viene invece consegnato all’aggressore dal soggetto passivo, senza una minaccia esplicita che si consumi in quel preciso momento  della consegna del bene, potrebbe profilarsi l’ipotesi di reato di estorsione. In realtà per la giurisprudenza la vera differenza tra queste due figure di reato risiede non nelle modalità di consegna del bene, ma piuttosto nel fatto che la vittima abbia o meno facoltà di scegliere se consegnare o meno il bene.



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