LA VITA SU FACEBOOK



Un miliardo di persone. Ognuna a casa sua, o con il suo telefonino, ma tutte insieme. A fare la stessa cosa.

Cioè navigare su Facebook , anche se ormai si dovrebbe dire «vivere» piuttosto che navigare. Un miliardo di persone, poco meno di tutta la popolazione dell'India. Un terrestre su sette, il 24 agosto, stava smanettando su Facebook . Un record. Non era mai successo prima. La notizia l'ha comunicata - ovviamente tramite il suo profilo social - lo stesso Mark Zuckerberg con comprensibile soddisfazione, vagheggiando un mondo più libero, felice e connesso. E ci mancherebbe solo che fosse triste, questo genio di trent'anni, che è il sedicesimo uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 40 miliardi di dollari.

Il social bianco e blu è innanzitutto un'azienda, che macina iscritti e utili. Ma per noi, utenti e consumatori, è ormai un ambiente. Come il tinello o il tavolino del bar. La quarta dimensione nella quale esprimere la nostra vita, con le nostre gioie, tristezze e orribili inutilità. Facebook è un gigante affamato che si sta mangiando pezzi di vita: dall'informazione alla televisione, dalla privacy (la reclamiamo sempre, salvo poi pubblicare anche le nostre foto sulla tazza del water) alla comunicazione. Ha stravolto pure l'amicizia, prima era un rapporto che nasceva e cresceva col passare del tempo, ora la si «chiede». Come un permesso o il sale a tavola.

Lo scenario potrà sembrare un tantino estremo, ma aggiornare il proprio status su Facebook da postazioni quantomeno insolite (ad esempio, il bagno) o mentre si è in tutt’altre faccende affaccendati (pensando al bagno, scegliete voi un’attività a piacere) sta diventando una consuetudine talmente frequente, che molti non fanno più nemmeno caso a dove sono o a cosa in realtà stanno facendo quando premono “invio” per informare amici e parenti delle ultime novità. E quando l’universo social prende il sopravvento fino a questo punto, non resta che staccare la connessione per riprendere possesso della vita vera.
Facebook rovina i vostri programmi tv preferiti: avete registrato la puntata finale della vostra serie del cuore per potervela guardare in santa pace, ma fate l’errore di fare login sulla vostra pagina Facebook prima di sedervi sul divano ed ecco che nell’elenco delle notizie compare anche lo status di quell’amico che non vedete mai, ma che in due righe riassume tutto quello che non avete ancora visto. E che ovviamente a quel punto vi passa la voglia di vedere.
Facebook vi fa lavorare male: è lunedì mattina e il vostro capo vi ha appena assegnato un compito da svolgere che richiederà secoli prima di essere portato a termine. La logica consiglierebbe d’iniziare subito, ma che male volete che faccia una visitina al vostro profilo? Detto fatto e le successive tre ore volano via fra commenti e “like” agli status altrui, mentre il vostro foglio Excell resta penosamente vuoto. Non stupitevi perciò se vi arrivasse una lettera di richiamo.

Facebook fa di voi dei pessimi amici: la vostra migliore amica si è appena fidanzata (o magari sposata o ancora ha scoperto di essere incinta) e voi per tutta risposta cosa fate? Anziché scriverle un biglietto carino di felicitazioni o mandarle dei fiori per celebrare la lieta novella, postate un commento sulla sua bacheca. E poco importa che mettiate “mi piace” alle cinque foto che ha appena pubblicato: non si fa e basta. D’accordo che conta il pensiero, ma a volte serve pure un gesto, non social ma vero. Almeno per una volta.
Facebook disturba il sonno: avete avuto una giornata piena e anche se sono appena le nove di sera, decidete di fiondarvi a letto in compagnia di una bella tazza di latte caldo. Ma ecco che, proprio mentre state per addormentarvi, vi viene in mente che non avete dato un’ultima occhiata alla vostra cerchia di amici social: vuoi mai che sia successo qualcosa di clamoroso a qualcuno di loro? Ovviamente non è così, ma nel frattempo si è fatta l’una e le vostre buone intenzioni riposanti sono andate a farsi benedire. Però in compenso ora sapete tutto sull’ultima conquista della vostra amica.
Facebook vi crea ansia: avete appena postato online la foto di un sabato sera divertente trascorso con la vostra amica del cuore: d’accordo, siete entrambe un po’ alticce e si vede da come ballate, ma il look è di quelli giusti per cuccare e non potete non fare colpo. E invece vi ritrovate con appena due “mi piace”, uno dei quali di vostra mamma, e vi prende l’ansia da prestazione social: mani e fronte sudate e la consapevolezza che non vi riprenderete mai dalla vergogna se non otterrete almeno 20 like.
Facebook è diventato il vostro “sfogatoio” nel senso che ha sostituito il cuscino dell’era pre-Zuckerberg sul quale sfogavate la vostra frustrazione (o riversavate tutte le vostre lacrime) dopo un litigio: non a caso, ora sulla vostra bacheca tendete a postare di tutto e di più (e spesso anche a sproposito), solo per attirare quell’attenzione che pensate di meritare (e di non ricevere in dosi sufficienti).
Facebook vi procura una colossale FOMO (“Fear of missing out”): in pratica, è la paura “di essere tagliati fuori”, una forma di ansia sociale da nuovo millennio che vi spinge a fare costanti paragoni con le vite social degli altri, trovandole infinitamente più interessanti della vostra e dandovi così la sensazione di perdervi sempre il meglio delle cose.


È l'illusione che tutto quello che ci accade possa essere interessante per il mondo, anche se nella maggior parte dei casi annoia anche il nostro vicino di casa. È la serializzazione dell'eccezionale. Siamo tutti vip sulla timeline del nostro diario. Alla faccia di Andy Wahrol, quindici like di celebrità - momentanea - sono a portata di tutti. Facebook è una rivoluzione. Inutile negarlo. Ci ha cambiato e ci sta cambiando la vita. In meglio? In peggio? Presto per dirlo. È una navicella spaziale che non sappiamo ancora dove ci porterà. Sul social creato dall'ex nerd statunitense si incontra il compagno delle elementari fuggito chissà dove con il cervello in valigia a cercar lavoro, il lontano parente mai conosciuto, l'incontinente che scrive cinquanta post al giorno, l'isterico che insulta tutti o l'esibizionista che fino a qualche anno fa andava in trench al parco. C'è tutto, proprio tutto: dalla compagna di una notte alla futura moglie, dal prete al pornodivo. E spesso si incontrano anche i pazzi e gli jihadisti. Come nel mondo, come nella realtà. A volte ne sembra la mimesi, più spesso una caricatura. Ma occhio a prenderlo sotto gamba, questo gigantesco archivio pubblico dei nostri gusti e delle nostre ossessioni. Sono all'ordine del giorno i matrimoni in frantumi per colpa del social (cancellare sempre le chat ) e i contratti di lavoro interrotti dopo un commento un po' troppo disinibito su qualche bacheca. Facebook non è un gioco. E Zuckerberg, nonostante le copiose donazioni, non è un filantropo ma il capo di un'azienda. E le aziende, si sa, non hanno molto a che fare con le democrazie. Ed è la loro fortuna. Se Facebook fosse un continente sarebbe il terzo più grande del globo e quindi il nostro amico (ovviamente su Fb) Mark di fatto è una specie di monarca assoluto del villaggio globale. Praticamente il ragazzotto in t-shirt conta più di Obama. E fa e disfa come gli pare e piace, tanto zelante nel far rispettare il galateo del politicamente corretto, quanto pigro nell'illuminare le ombre della rete. Ma questo è un altro discorso, nel frattempo godiamoci questo sterminato salotto virtuale.

Facebook non isola dalla vita reale ed è un modo per mantenere e sviluppare i contatti con le persone che già si conoscono nella realtà: i contatti su Facebook non prendono il posto della vita sociale concreta. L’idea che la presenza su Facebook riduca le relazioni faccia a faccia non trova infatti conferma nelle analisi sinora svolte da psicologi e sociologi.

Facebook è per la maggior parte dei suoi utilizzatori un modo per mantenere e dare nuova linfa a relazioni con persone che già si conoscono e con cui si condividono idee, passioni e interessi: è innanzitutto un canale per rafforzare le relazioni già esistenti nella realtà e soltanto in seconda battuta un canale per crearne di nuove. Le amicizie accettate da chi non si è mai incontrato sono di solito abbastanza poche.



Tuttavia, per effetto della disinibizione online, alcune persone cambiano su Facebook il modo in cui parlano di se stesse: in questo caso, la comunicazione su temi significativi passa attraverso Facebook, e non dall’interazione faccia a faccia.

Lo stile in cui si è dentro Facebook è abbastanza simile a come si è nella vita reale. Gli estroversi hanno molti amici, dentro e fuori Facebook, e, ad esempio, usano Facebook per organizzare eventi di vario tipo; i timidi hanno pochi amici.

Le persone con bassa autostima, impacciate, che si sentono sole e forse lo sono, apprezzano molto Facebook, perché rende loro più facili i contatti con gli altri. Per chi ha difficoltà nell’avvicinarsi alle altre persone, Facebook è usato come una fonte di legami sociali deboli, cioè legami che non sono intimi ma consentono uno scambio d’informazioni che è comunque proficuo.

C’è però un problema: proprio perché è un’esperienza piacevole, il tempo che dedicano a quest’attività può crescere a dismisura.

Alcune persone con bassa autostima e tratti depressivi possono arrivare a una vera e propria dipendenza da Facebook, in cui Facebook diventa un chiodo fisso. Come in qualsiasi dipendenza, la soluzione che viene trovata per il problema è finta e rende le cose ancora più complicate e dolorose.

Non è dunque Facebook di per sé a indurre dipendenza: non avendo altre risorse, personali, materiali o sociali, cui attingere o, come nel caso degli adolescenti, attratti da un mondo virtuale in cui sperimentarsi con i loro pari e lontano dagli adulti, Facebook può essere utilizzato per attutire uno stato di malessere preesistente e diventare un rifugio.





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