LA CRISI DEL SETTIMO ANNO



Fra mito e realtà la “leggenda” della crisi del settimo anno spaventa molte coppie. Oggi, però, il temuto settimo anniversario rappresenta, per molte coppie, una meta irraggiungibile.
Spesso, infatti, il punto di rottura arriva prima: al terzo anno!

In passato, in media, le problematiche che portavano una coppia alla separazione “esplodevano” in tutta la loro virulenza dopo, circa, sette anni di unione. In realtà, comunque, il numero sette rappresenta da secoli una cifra simbolicamente importante nella storia dell’umanità:

I sette giorni della settimana;
Le sette note musicali;
I sette colori dell’arcobaleno;
Le sette meraviglie del mondo;
I sette re di Roma;
I sette peccati capitali;
I sette sacramenti;
Le sette stelle che compongono la costellazione dell’Orsa Maggiore;
I sette punti di energia del corpo umano;
Le sette figlie di Atlante.

La lista è davvero infinita. Dalla scienza alla mitologia, dalla religione ai proverbi popolari, il numero sette, insomma, rappresenta un punto nodale per l’uomo.

I “campanelli di allarme” che annunciano una, imminente, crisi nella coppia sono molteplici. Riconoscerli, quando iniziano a suonare, consente ai partner di intervenire prima che la rottura diventi inevitabile.



Ragionare da “single”. Cominciare a pensare, a parlare, al singolare è, infatti, uno dei primi segnali di crisi di coppia.
Astenersi dai rapporti sessuali è, senza dubbio, un chiaro sintomo di malessere. Spesso, inconsapevolmente, si attribuisce alla stanchezza o allo stress. In realtà, altrettanto spesso, invece rappresenta il rifiuto, da parte di uno dei due, di comunicare con l’altro.
Qualsiasi cosa faccia o dica il partner provoca irritazione, stizza, avversione, insofferenza. In genere, poi, si tende a non segnalare all’altro questo tipo di malessere.

“Bombe intelligenti”. Secondo gli specialisti sono frasi o atteggiamenti mirati a ferire l’altro. Sono, senza dubbio, un chiaro segnale di sofferenza della coppia.

Se vi riconoscete in uno di questi segni premonitori, allora, è probabile che, dietro l’angolo, vi attenda una crisi di coppia.

Insomma, che sia del settimo o del terzo anno, una crisi nella vita di una coppia può, senza dubbio, essere superata con successo. Non esistono ricette segrete ma un unico, fondamentale, ingrediente... L’amore!

Sarà vero che la relazione comincia a traballare proprio quando sta per tagliare il traguardo del settimo anno? Questa fantomatica crisi del settimo anno esiste davvero oppure si tratta semplicemente di uno stereotipo?  Perché proprio dopo sette anni e  non, ad esempio, dopo cinque o tre? Secondo alcuni questo potrebbe dipendere dalla tipica routine di una coppia che dopo 7 anni di matrimonio tende a causare una certa stanchezza, dovuta presumibilmente agli impegni familiari e al bisogno di mettere in primo piano le necessità dei figli, trascurando i bisogni della coppia. Pare però che esista anche una motivazione di ordine fisiologico, secondo cui corpo e cervello hanno mediamente un ciclo di sviluppo di 7 anni.



Helen Fisher, docente di antropologia biologica alla Rutgers University (New Jersey, USA) ha studiato a lungo i dati su matrimonio e divorzio in diverse popolazioni mondiali. Scoprendo che, se è vero che la mediana - ossia il dato che si trova nella posizione centrale tra i dati messi in ordine crescente - è di 7 anni, la moda, cioè il dato più frequente, è di 4 anni insieme.

I divorzi sembrano inoltre particolarmente diffusi in chi è all'apice dell'età fertile (25-29 anni per gli uomini, 20-24 e 25-29 per le donne), e tra chi ha un figlio a carico.
Osservando il mondo degli uccelli, Fisher ha notato che solo il 3% delle specie ha una relazione monogama, ma che ben il 90% coopera nel mantenimento dei pulcini. La ragione è semplice: il partner che bada alla cova morirebbe di fame, se l'altro non lo nutrisse (e con esso morirebbero i nascituri).

Durante l'allattamento, accade lo stesso in alcuni mammiferi, come le volpi. Ma quando pulcini o cuccioli sono in grado di lasciare il nido, o la tana, anche i genitori sono liberi di separarsi e cercare un altro partner, con il quale riprodursi di nuovo.

L'uomo potrebbe aver conservato traccia di questo comportamento riproduttivo. Fino ai 4 anni i bambini sono molto dipendenti dalla madre; ma a quell'età iniziano in genere ad essere accuditi in gruppi di coetanei, da adulti esterni. I genitori sono dunque più liberi, e per le coppie più fragili è il momento in cui la rottura è più probabile.
Nell'ambiente difficile dell'antica Africa, dove vivevano i nostri antenati, avere figli da partner diversi significava garantire una maggiore diversità genetica e una più ampia gamma di abilità: in altre parole, maggiori probabilità di sopravvivenza. Quattro anni erano un tempo più che ragionevole per svezzare un bambino e rendersi più indipendenti.




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