FESTE DI PRIMAVERA



L’arrivo della primavera, “stagione della rinascita”, è salutato in tutto il mondo con suggestivi festeggiamenti.

Il Nowruz, derivante dall’unione di nava (nuovo) e e rzah (giorno), che significa appunto “nuovo giorno” è una ricorrenza tradizionale che celebra il nuovo anno, festeggiata in Iran, Azerbaigian, Afghanistan e in vari paesi dell’Asia centrale come il Turkmenistan e il Tagikistan. Ricorre il 21 marzo, sebbene in alcune località lo si festeggi il 20 o il 22, venendo di fatto a coincidere con l’equinozio di primavera.

Il Nowruz, nato in ambito persiano pre-islamico, era inizialmente una festa sacra zoroastriana, come ci testimonia il bassorilievo dell’antica Persepoli, rappresentante uno dei simboli zoroastriani dell’equinozio: un leone che attacca un toro. il Nowrz viene celebrato da molti sufi e dai Baha’i. Le famiglie in occasione della festa si riuniscono e tutti si augurano “Sal-eno mobarak” (Felice anno nuovo). Una delle tradizioni più importanti legate a Nowruz è L’Haft Sin, che letteralmente significa “Sette S” in quanto con questa cerimonia si allestisce una tavola su cui vengono disposti 7 piatti simbolici il cui contenuto inizia con la lettera “S”: sabzeh (chicchi di lenticchie, orzo o frumento fatti germogliare che simboleggiano la rinascita); samanu (impasto di orzo germogliato e tostato che simboleggia l’abbondanza), senjed (frutti secchi di oleastro, simboleggiano l’amore); sîr (l’aglio, che simboleggia la salute); sîb (le mele, scrupolosamente rosse e lucidissime, che simboleggiano la bellezza), somaq (le bacche di Sommacco che col loro sapore simboleggiano l’asprezza della vita); serkeh ( l’aceto, che simboleggia la pazienza e la saggezza) Sulla tavola si mette anche uno specchio e un pesciolino rosso, rappresentanti, rispettivamente, il cielo e gli animali, e delle uova colorate, che rappresentano invece l’uomo e la fertilità.

In primavera il Giappone si tinge di rosa pallido, quello dei ciliegi in fiori che, dagli ultimi giorni di marzo fino a maggio, colorano i parchi e i giardini dell’impero del Sol Levante. È il momento dell’Hanami (letteralmente “ammirare i fiori”), un’usanza che coinvolge tutti i giapponesi che si dedicano a celebrare questo spettacolo della natura con picnic, feste ed escursioni nei parchi cittadini o nei giardini privati. Per comprendere le origini dell’Hanami, occorre fare un salto indietro nel tempo: si narra che all’inizio dell’VIII secolo, nel periodo Nara, durante la fioritura dei ciliegi, coincidente con l’inizio della stagione della semina del riso e delle attività agricole, i contadini offrivano doni alle divinità ai piedi di queste piante e bevevano sakè in onore degli dei.

Un secolo più tardi, la corte imperiale di Kyoto, riprendendo questa festa, la ampliò, con piatti sofisticati e sakè raffinati, legandola alla contemplazione dei fiori e alla scrittura di poesie. In breve tempo, quest’usanza di bere e mangiare sotto gli alberi in fiore fu ripresa dai samurai, e in seguito dal popolo, fino a diventare, nel XVII secolo, una tradizione nazionale. Durante la festa della fioritura dei ciliegi, le persone si riuniscono con la famiglia, gli amici e i colleghi sotto gli alberi per osservare i fiori, mangiando e bevendo in compagnia. Ottime le hanami-dango, 3 polpette di colori che richiamano la primavera (rosa, bianco e verde). Per non perdere nemmeno un ciliegio in fiore, ogni anno si trovano online le previsioni sulle fioriture in ogni parte del Paese.

La suggestiva isola dell’arcipelago indonesiano, ogni anno, festeggia il Nyepi Day, il Giorno del silenzio che chiude l’anno animista-induista. Gli abitanti di Bali si preparano all’evento realizzando gigantesche, colorate e mostruose maschere e fantocci di cartapesta e bambù, rappresentanti sia gli dei Dewa che i demoni Butha Kala, spiriti maligni da scacciare per propiziare il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. In questo giorno tutto tace: si spengono le luci, le attività restano chiuse e su tutta l’isola cala il silenzio.Gli abitanti, infatti, credono che solo così sia possibile ingannare i demoni, facendo loro credere che l’isola sia disabitata.

Tutto riparte il giorno seguente, quando l’isola festeggia con danze, musica, incenso e la tipica processione di Ogoh Ogoh, durante la quale vengono portati in spiaggia e bruciati i fantocci come omaggio agli dei, ricevendo serenità, armonia e una benedizione per il nuovo anno. Si tratta di una festa presa talmente seriamente che migliaia di Pecalang, agenti di sicurezza in sarong, maglietta e cappello neri, si occupano di assicurarsi che tutti aderiscano alle regole, osservando il silenzio e l’assenza di gente per le strade, scortando a casa i trasgressori. In alcune zone dell’isola le autorità arrivano addirittura ad imporre la sospensione dell’erogazione elettrica. La festa del Nyepi Day è un’ottima occasione per scoprire Bali, i suoi templi e luoghi sacri, il vasto Bali Barat National Park, il vulcano Kintamani e la foresta delle scimmie nella città di Ubud.

Il Festival Qingming, noto anche come ‘Giorno puro e luminoso’ o ‘Giorno per ripulire le tombe’, è un’altra importante festa tradizionale cinese. Si celebra il quindicesimo giorno dopo l’equinozio di primavera. È un giorno in cui i Cinesi visitano le tombe o i tumuli dei loro antenati per rendere loro omaggio, ed è anche un momento per festeggiare la primavera. La tradizione più importante della Festa di Qingming è la pulizia di tombe e tumuli. Le persone eliminano detriti ed erbacce, facendo delle offerte di vino, riso, frutta, panini al vapore o cibi preferiti dal defunto, per onorare i loro parenti deceduti.
La celebrazione della primavera è diventata una parte importante della festa. Le gite in famiglia e le escursioni sono le attività preferite in questa occasione. Di solito è previsto un viaggio di famiglia in combinazione con la visita a tombe, sepolcri o ceneri degli antenati. Anche l’aquilone è popolare, per tutto il giorno e la notte. Il bambù della sezione trasversale di alcuni aquiloni vibra con un ronzio. Di notte sono legate delle piccole lanterne colorate agli aquiloni in modo che appaiano come stelle scintillanti quando sono in alto. Tagliare la corda e lasciare l’aquilone libero si crede porti buona fortuna ed elimini le malattie. Per molti cinesi la Festa di Qingming è davvero un obbligo di famiglia. Seguono le tradizioni fedelmente e considerano la festa un momento per riflettere e per onorare i loro antenati.



Tra le più suggestive, celebre è la festa induista di Holi, detta “festa dei colori”, organizzata in primavera per celebrare il trionfo del bene sul male, un’occasione per la comunità di riunirsi. Durante questa festa le differenze di caste si annullano e migliaia di persone scendono in piazza cantando, ballando e gettandosi addosso polveri di pigmenti coloratissimi, misti ad acqua. La tradizione di riempirsi di colori è l’aspetto più caratteristico della festa di Holi e, come in altri parti, è legata al mondo del mito. Si narra, infatti, che il dio Krishna, che aveva la pelle scura, fosse invidioso di quella bianca della moglie Radha e per questo, un giorno, la dipinse con di colori. Da qui anche l’usanza delle coppie innamorate di sporcarsi a vicenda il viso come segno d’affetto.Nelle città di Barsana e Nandgaon, ha luogo la festa di Lath mar Holi, durante la quale ragazze e signore percuotono giocosamente gli uomini delle città con un bastone. Secondo la tradizione, il dio Krishna, quando fece visita all’amata Radha, derise lei e le sue amiche, al punto da essere cacciato. In quest’occasione le donne si riprendono la loro rivincita.

Attualmente in molti paesi del Medio Oriente, Asia Centrale, Turchia, Albania e in alcune repubbliche ex sovietiche si festeggia la festa di Nawruz o “nuovo giorno”, risalente all’antico Impero Persiano.Nel 487 a.C. l’imperatore persiano Dario fece celebrare Nawruz quando, quell’anno, il sole cadde esattamente al centro dell’osservatorio astronomico del palazzo; evento visto come segno di buon auspicio per il regno, tanto che l’equinozio di primavera segna oggi l’apertura delle celebrazioni che si protraggono per 13 giorni, in cui ha inizio la rinascita. Durante questo periodo le case vengono pulite, la biancheria viene lavata e riordinata, le cose vecchie buttate per far posto alle nuove, ci si apre alla riconciliazione, facendo pace con chi si è litigato, saldando i debiti, perdonando… in una sorta di “carpe diem” che avviene unasola volta anno.A Chichen Itza, nello Yucatan, si ripete lo spettacolo del tempio Maya di Kukulkan. Al tramonto, sulla scalinata nord, si disegna una trama di luci e ombre che creano l’immagine di un grande serpente piumato, creata da triangoli invertiti sotto la luce che cade giù dai gradoni della piramide.

Durante la prima settimana di marzo è tradizione, in Bulgaria, scambiarsi martenitza, semplici fili rossi e bianchi, nappe, bracciali o bambole di stoffa, lana o cotone. Si tratta di talismani per la buona salute e la lunga vita, da indossare sul lato sinistro (dove c’e’ il cuore) o come un bracciale, sul braccio sinistro.Si indossano fino a quando si vede il primo segno dell’arrivo della primavera ( una cicogna, una rondine o un albero in fiore ) e poi,non oltre il 1º aprile, si appendono su un albero o si mettono sotto una pietra, esprimendo un desiderio. A Praga,invece, è tempio della fiera di San Matteo, “colui che rompe il ghiaccio”, apostolo che chiude le porte dell’inverno per spalancarle alla primavera. Tra le più antiche fiere d’Europa, essa raduna decine di giostre e una mostra di pesci esotici, squali, anemoni, coralli, chiamata “Sea World”.

In Spagna, a Valentia, da non perdere le Fallas: grandi e piccoli monumenti di cartapesta vengono sparsi per le vie, pronti ad essere divorati dalle fiamme. Dopo mesi di lavoro per realizzarli, questi imponenti manufatti allegorici che ritraggono scene e problemi di vita quotidiana, vengono bruciati nelle piazze della città spagnola, risparmiando unicamente la creazione che ha ottenuto un maggior numero di preferenze da parte di un’apposita giuria. Secondo la teoria più accreditata, l’evento è stato costruito secondo la vecchia usanza dei falegnami di celebrare il loro patrono, San Giuseppe: proprio il 19 marzo, per poterlo celebrare, i falegnami mettevano in strada il parot, un lampadario sostenuto da un palo, a mò di candelabro, dandogli fuoco, assieme ad altri resti di legno, accumulati durante il lavoro invernale. Col tempo, ai falò si aggiunsero sempre più cose inutili o inutilizzabili, fino ad arrivare a vestire il parot per dargli parvenza umana, raffigurando la persona che si voleva criticare o deridere. Anche grazie all’apporto del vicinato, si è arrivati a ricreare piccole scene ed il ninot (“pupazzo”).



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