I MISTERI DI TRAPANI
La processione dei Misteri si svolge a Trapani il Venerdì santo, da 400 anni. L'origine è spagnola, dalle antiche Casazas e, infatti, ha analogie importanti con le feste andaluse.
“ La consuetudine di rappresentare in forma teatrale la storia sacra va fatta risalire, nell’Europa cristiana, al Medioevo, epoca in cui vennero inscenati spettacoli con soggetti tratti da passi scritturali e da vite da santi. Si trattava di componimenti dialogati che raramente assurgevano a dignità letteraria e che, rispondevano ad esigenze di religiosità popolare. Dette rappresentazioni, informa il Pitrè, erano note anche in Sicilia sotto diverse denominazioni fra le quali prevalsero quelle di < Mistero > e di < Sacra rappresentazione >”.
In Sicilia, sul finire del 1500, lo spirito della Controriforma combatté la diffusione della drammaturgia sacra determinando un progressivo allontanamento dal testo scritto. Con la minaccia di scomuniche e di condanne detentive, la Chiesa contribuì al decadimento di queste rappresentazioni, dalle quali scaturirono i primi generi recitativi sul tema della passione di Cristo detti “ Mortori ”.
Nel 1543, su istanza del Viceré Gonzaga, Teofilo Folengo (sotto lo pseudonimo di Marlin Coccaio) scrisse la prima rappresentazione sacra della quale si ha notizie in Sicilia: “L’Atto della Pinta”.
Dopo il Concilio di Trento (1545-1563) s’ebbe un’azione moralizzatrice sui riti della Settimana Santa, cui intervenne il popolo con forza ed attiva partecipazione, persino nei riti penitenziali. Alla drammaturgia teatrale si sostituiva la figurativa delle processioni, aventi come tema episodi del Vecchio Testamento che culminavano con la rappresentazione della Morte di Gesù. Già nel 1262, la Compagnia del Gonfalone celebra va una simile rappresentazione a Roma e dentro il Colosseo di Roma.
Quei riti erano conosciuti a Genova, dove, intorno al 1260, la Confraternita dei Disciplinanti si riuniva per pregare in grandi case, dette casacce o casazze. Terminata la preparazione spirituale, i confratelli partecipavano in processione seminudi ed armati di flagelli ( “ disciplina “ ) per auto punirsi. Da queste “grandi case o casacce”, si ritiene che derivi il termine " Casazza " e i continui contatti commerciali tra la città ligure e le altre portuali siciliane, ne favorirono il diffondersi anche nell’isola. Erano contatti che la stessa Genova aveva al contempo con la Spagna, dove quelle rappresentazioni erano frutto del " teatro de los misterios", che con la dominazione spagnola in Sicilia (dal 1412 al 1713), cominciavano lentamente a diffondersi identificandosi come processioni penitenziali sui Misteri Dolorosi. “E la Spagna determinò per lunghi secoli, dal Vespro al dominio sabaudo del 1713-18, la vita culturale e religiosa della Sicilia, oltre che quella economica e sociale (si pensi anche alla condanna degli Ebrei e dell’ebraismo, di cui esiste qualche eco nelle stesse figurazioni dei Misteri) “.
Forse riscontriamo una testimonianza che risale a quel periodo nella denominazione di " Casa Santa ", omonima periferia trapanese, dove si ritiene esistessero dei posti per tali rappresentazioni.
Per avere notizie delle “Casazze“ in Sicilia dobbiamo risalire al 1591 quando a Palermo si ha memoria di un rito celebrato dalla Reale Confraternita della Madonna de la Soledad. Un po’ in tutta l’isola si assistette al diffondersi delle “ casazze” e sempre con molti partecipanti: “sino a milleduecento nella casazza di Nicosia “. Furono generalmente le Confraternite ad occuparsi della loro organizzazione anche se, col passare degli anni, così com’era avvenuto per le rappresentazioni sacre, si perdeva l’originario spirito religioso per un’eccessiva spettacolarizzazione dell’evento. Nei primi tempi, erano gli stessi nobili ed il clero a parteciparvi e successivamente furono i ceti artigianali ad intervenire, delegando sempre alle Confraternite il compito di vigilare sul mantenimento dei canoni religiosi.
Le rappresentazioni consistevano in una processione composta di bambini vestiti da angeli, monaci autoflagellanti e gruppi formati da persone viventi, detti paxos, (dallo spagnolo pasos), che erano montati su piattaforme lignee sostenute da uomini ricoperti di ampi drappi. Quelle rappresentazioni viventi si trasformavano spesso in farse con evidenti eccessi e ilarità. I vescovi siciliani, per evitare il loro degenerare, promulgarono Costituzioni e Decreti, con i quali avocavano la censura preventiva delle “ sacre azioni teatrali “. Ricordiamo tra questi, il Sinodo di Mazara, che nel 1575 < sub Il.mo et Rev.mo D.A.Lombardo Episcop. >, minacciò ai profanatori addirittura il carcere < ad arbitrio Vescovo > “.
A tal proposto nell' Archivio di Stato di Trapani un atto così recita :
Pietro lo Monaco, tesoriere di questa Città di Trapani, di qualsivoglia dinari reservati quelli della Regia Corte et altri assignati, pagati al Cavaliere fra’ Francisco Palisi, governatore della Compagnia del Santissimo Sangue di Cristo di questa Città, onze due. Quali dinari ci facimo pagarsi per lo motivo per suplirsi alle spese che si hanno di fari nella processioni che essa Compagnia sole fari ogn’anno nel giorno del venerdì santo, per manifestazione della passione di nostro Signore Jesu Cristo di questa Città con li Misterij di detta Santissima passione et con li battenti che si battono in sangue in ditta processioni e li paghirisi con la sottoscritta nostra dello Sindaco et detemptioni di libri recuperando lo presenti in apoca di riciputa.
In Trapani il V aprile X Indictione 1612.
Nei primi anni del ‘600, quindi per ovviare a tali inconvenienti si assistette al progressivo trasformarsi e sostituirsi delle processioni animate con statue ed al contempo, all’abbandono della rappresentazione dell’Antico Testamento, preferendo raffigurare esclusivamente la Passione e Morte di Gesù. Simile ricordo, di prima rappresentazione animata è riconoscibile nella processione marsalese del Giovedì Santo. Assistiamo così alla fioritura di sacre rappresentazioni, tra cui “ La conversione di S. Margherita da Cortona“, un dramma a soggetto sacro scritto dal trapanese Bernardo Bonaiuto, che si compiaceva firmarsi con lo pseudonimo di Aci Drepaneo.
Nel 1603 i sacerdoti Nicola Galluzzo e Giovanni Manriquez istituiscono la Confraternita del Preziosissimo Sangue di Cristo, già fondata in Spagna intorno al 1450. Dal titolo di " Societas Pretiosissimi Sanguinis Christi et Misteriorum ", si può forse dedurre, che tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII, si siano svolti dei riti definibili come " Misteri ".
Nella reviviscenza religiosa che seguì grande la Riforma tridentina “, il popolo divenne il vero destinatario, e promotore, della nuova pietà religiosa, incaricandosi direttamente delle manifestazioni di fede. Del resto, i tempora disiecta della crisi economica (carestie e rivoluzione dei prezzi), delle epidemie di peste, delle sudditanze politiche straniere e del rigurgito baronale (i Fardella, a Trapani, fondarono due nuovi Comuni feudali), oltre che della non dismessa schiavitù causata dalle guerre di corsa, avevano accentuato il bisogno esistenziale del popolo di pervenire alla pienezza del messaggio di speranza e di fede del Cristianesimo cattolico attraverso una mostra antropologica della Passione, in cui si compendiavano – figurativamente - le metafore della violenza militare e della persecuzione del Giusto (lucida e trasparente è, in questo, la condanna del Potere), del lutto della Madre (di tutte le madri), della Croce, come espiazione e morte “.
La testimonianza della costituzione e dei propositi della compagnia sono manifestati nel testo di un manoscritto intitolato “Indice della Venerabile e Pietosa Compagnia del Preziosissimo Sangue di Cristo e S. Michele Arcangelo di questa Invittissima e Fidelissima Città di Trapani, anno V’ indizione 1697 ”, dove si legge: “ Nell’anno 1603 il Rev. Sac. Nicolò Galluzzo e Giovanni Manriques investiti da un ardentissimo desiderio di far cosa grata a Dio e un’opera, la quale risultasse a pro delle anime, fondarono una Compagnia nominandola del Preziosissimo Sangue di Cristo in memoria della di Lui sacralissima passione, i di cui fratelli si dovevano vestire con sacchi e cappelli cotte e mantello annaurato (indorato), e ciò accadette nella chiesa di Santo Spirito, secondo la relazione trasmessaci dai nostri veterani fratelli, e quivi ella trattennesi alcuni lustri.
Nella relazione del 1614 di Monsignore La Cava, vescovo di Mazara, apprendiamo che la Compagnia del Sangue di Cristo, detta anche dei Battitori : “ … ogni venerdì santo, dopo mangiari, (faceva) la cercha con 180 battenti in circa et portandosi in processione tutti li misterii della S.S. Passione di Jesu X.to nostro et il X.to nel monumento con grandissima devozione et pietà et sua musica “.
Sugli studi sin qui compiuti, non è possibile datare con certezza l’anno d’inizio della processione dei Misteri. Probabilmente essa fu il divenire di vari riti che caratterizzavano lo spirito e la vita di quel tempo. Per molti anni si è ritenuto che il gruppo oggi denominato “ L’Ascesa al Calvario “ sia stato il primo della serie e ciò in virtù del suo atto di concessione alla categoria dei jurnateri. L’atto è stato stipulato il 6 aprile 1612 dal notaio Antonio Migliorino, nel quale leggiamo: “ Societas Sanguinis Jesu Christi inter alia misteria passionis Domini Nostri Jesu Christi est misterium ut dicitur di “ Christu chi porta la cruci in collo ” Franciscus de Parisio, Petrus de Pirao, coadiutor, e parecchi altri Confrati della stessa Società, concedono il detto misterio agli Ufficiali della “ Compagnia delli poveri jurnateri ”. Su quanto scritto, apprendiamo che la Società del Preziosissimo Sangue di Cristo aveva in suo potere altri misteri, cioè altri gruppi statuari. Ma probabilmente in quell'aprile 1612 alcuni misteri erano già presenti. Ciò lo si deduce da un documento di appena un giorno precedente la concessione e cioè del 5 aprile 1612 dove afferma l'esistenza a quella data di misterij anche se ancora non si è in grado di sapere quali scene evangeliche rappresentassero. E' probabile quindi che detta concessione del 1612 dagli jurnateri sia stata la prima ma ciò non equivale alla considerazione che tale gruppo fu il primo ad esser costruito , malgrado oggi , nella sua componente artistica sia il più antico gruppo, quasi originario, pervenuto ai nostri giorni.
Tornando alla Compagnia, leggiamo, nell'atto del notaio Pietro Adamo del 21 dicembre 1643 il fatto che la Compagnia eleggeva i suoi officiali e questi si impegnavano “ costruire sue facere quorum misterium novum illudque exire in processionem “.
L’antica Confraternita di San Michele ebbe sede, dal 1539 al 1582, nell’edificio annesso all’omonima chiesa e ciò sino a quando non dovette cedere, su decisione del Senato, lo stesso edificio ai Padri Gesuiti giunti a Trapani nel 1561, permettendo ai confrati di trovare ospitalità nella Chiesa di Santo Spirito o di San Giacomo Minore, dove era la sede della Confraternita del Preziosissimo Sangue.
Il contributo e ruolo dei Padri Gesuiti nella processione dei Misteri s’è rivelato fondamentale. Ci troviamo, del resto, nel periodo di poco successivo al Concilio di Trento quando, sotto l’influenza spagnola e nel generale clima dell’Inquisizione, si provò ad interpretare in modo autentico lo spirito della Controriforma, divulgando il concetto della Passione di Gesù trasferito negli aspetti e pose dei personaggi dei gruppi statuari, che presero il posto delle rappresentazioni animate. Soprattutto nell’Italia meridionale, i Gesuiti, specialmente sotto la guida di Padre Claudio Acquaviva (Provinciale dell’ordine e successivamente Capo della Compagnia di Gesù), stimolarono le missioni popolari tramite esercizi penitenziali ed in particolar modo quelle rivolte ai ceti artigianali. Il loro principio si fondava sulla considerazione che il popolo possedendo la fede non poteva metterla in discussione e la si alimentava con il divenire di elementi spettacolari quali le pubbliche cerimonie penitenziali e processionali, al fine di mantenere vivo il messaggio della parola di Gesù.
E nella realtà trapanese, i Gesuiti, tramite la Società del Preziosissimo Sangue, stimolarono il coinvolgimento delle classi artigianali attraverso questi atti di penitenza e di partecipazione. Si presume quindi che, in tale logica, oltre le difficoltà economiche per sostenere la processione si pervenne, da parte della Società del Preziosissimo Sangue, alle concessioni dei Sacri gruppi dei Misteri alle maestranze trapanesi, le quali già intervenivano come tali nella processione del Cereo o Cilio che si svolgeva il Lunedì di Pasqua e che “ aveva carattere ben diverso, perché prevalentemente dedicata a raccogliere elemosine e a far mostra della devozione dei notabili di allora, che facevano portare in processione i loro ceri votivi “.
Tornando alle Confraternite, si crede che a seguito del trasferimento dei “ bianchi “ di San Michele nella Chiesa di Santo Spirito nacque una stretta collaborazione con i “ rossi “ del Preziosissimo Sangue, che proseguì anche dopo il 1622, quando i confrati di San Michele ritornarono nella loro chiesa omonima ed in tale occasione ricambiarono la cortesia, concedendo ospitalità a quelli del Preziosissimo Sangue : “…. ma perché l’angustia del luogo non era capevole delli fratelli che vieppiù si augumentavano furono costretti conferirsi nella chiesa di S. Giuliano, dove al presente v’ha la Compagnia della Luce, con essere da tutti benignamente ricevuta. Dopo alcun tempo fu loro offerta dalla Confraternita di S. Michele Arcangelo e loro rettori la chiesa è però si trasmisero colà (29.2.1622) mantenendo sempre detti fratelli della Compagnia del Preziosissimo Sangue di Cristo con quelli della Compagnia della Luce fino ai nostri tempi reciproca corrispondenza”.
Il 21 gennaio 1643, su iniziativa del dottor Giacomo Licata, rettore della Confraternita di San Michele Arcangelo, del notaio Vincenzo Costa e del barone Francesco Sieri Pepoli nel tentativo di riportare il sodalizio all’antico rigore dei suoi compiti istituzionali, in un momento storico che vedeva la degenerazione di molte confraternite, quella di “San Michele” fu trasformata in “Compagnia”, grazie all’appoggio e con decreto di don Giovanni Domenico Spinola, vescovo di Mazara.
E poiché “… tra queste due Compagnie di S. Michele e il Sangue di Cristo unite in una chiesa ne provenivano varie questioni e risse, l’Illustrissimo e Reverendissimo Signore don Diego Requensens, olim Vescovo di Mazara, ambe le ridusse in una nel 26.2.1646, trovandosi in decorso di vista (in Trapani), vestendosi egli il primo con il russo in segno del preziosissimo sangue di Cristo, con visiera e mantello bianco in segno di S. Michele Arcangelo, restando, detto Mons. Illustrissimo, Fratello di detta Compagnia, ed oggidì l’è rimasto il titolo del Preziosissimo Sangue di Cristo e di S. Michele Arcangelo”.
Il 26 febbraio 1646, con atto rogato dal Notaio Antonio Valentino (n.corda archivistica 10986 Archivio di Stato -Trapani) , Giacomo Licata, Governatore della Compagnia di San Michele Arcangelo e Don Giuseppe Castiglione, Governatore della Compagnia del Preziosissimo Sangue di Cristo, sancirono la fusione tra i due sodalizi nella “Venerabilis Societatis Sancti Michaelis Arcangeli et Pretiosissimi Sanguinis et Misteriorum Passionis et Mortis Domini nostri Jesu Christi ”. Si compilò lo statuto, detto capitolo, con cui si univano le due compagnie, inviato all’approvazione di Don Antonino de Napola e del protonotaro Leonardo Ximenes. ” .
La fusione tra le due compagnie sollevava l’adozione di un nuovo vestimento. Quindi, “ quod confrates tam dicte Societatis Preziosissimi Sanguinis Christii ac misteriorum eiusdem ac etiam Sancti Michaelis Arcangeli in una reducte“, decisero d’indossare nelle cerimonie ufficiali un sacco di tela colore rosso con mantello di lana bianco e visiera bianca “ (come da atto del notaio Vito Gallo – Archivio Curia Vescovile - 9 gennaio 1649) ed inoltre l'emblema delle “Cinque Piaghe” sul petto, le scarpe rosse, lo stendardo con le scritte " S.P.Q.R " e " Quis ut Deus ". Quest'ultima epigrafe era impressa nello scudo della statua di marmo di San Michele. La fusione era altresì favorita dal comune esercizio e nell’attività sociali, nella raccolta delle elemosine per le giovani orfane e nell'esposizione del “Santissimo” esposto nel periodo quaresimale e di preparazione della Settimana Santa, nella chiesa di San Michele con alcuni gruppi “ sino al tramontare del sole, quando cioè ad hora di compita, si teneva la predica o sermone per eccitarsi (i fedeli ) con maggiore fervore nel servizio di Dio “, come ravvisiamo nella cosiddetta “ scinnuta “.
Il sigillo del quale si avvaleva la compagnia consisteva in”… un mondo con le ali, trafitto da una spada che simboleggia sia la ferita al costato che la croce di Cristo. Lateralmente sopra il mondo sono raffigurate le mani con le stimmate e sotto, i piedi forati dai chiodi e dalla crocifissione. Il sigillo simboleggia le cinque piaghe di Cristo e il “ mondo con le ali “ della venerabile Compagnia di San Michele Arcangelo ideato nel 1646 e così menzionato nei Capituli. “
Sempre nel 1646, in una relazione del Governatore della Compagnia leggiamo che “… sono oltre anni quaranta e più fondata detta Compagnia sotto il Preziosissimo Sangue e Misteri della passione di Cristo Signor Nostro con aggregarci detti fratelli tutti li Misterij della Passione di Gesù Cristo ad effetto di quelli condurre come hanno soluto condurre con universale devozione il Venerdì santo ogn’anno in processione con li fratelli di detta Compagnia et altre perone seza sacchi, che devotamente s’hanno offerto con loro lumi e torcie associare detti Misterij in statue di rilievo, et abbellire a spese di detta compagnia. E per accrescere il decoro, devozione et aumento di quella conforme solino nell’altre città metropoli, s’offersero molte persone di detta città, delle maestranze, arginteri, ortolani, fioritani, fornari, corallari, sarturi e maestri d’ascia con loro torce accese volere associare uno di detti Misterij per ogni arte et professione di essi assegnati per l’esponente…”.
Nel frattempo, i governatori consci di un possibile e futuro ampliamento nel numero dei gruppi statuari dei Misteri, fecero costruire a spese della confraternita un oratorio di forma rotonda dietro la Chiesa di San Michele, posta nell’area dell’ex consolato francese, costruita e completata nel secolo XV ( come da rogito del notaio Giovanni Forziano del 6 ottobre 1461 ). Con atto rogato dal notaio Matteo Di Blasi il 17 luglio 1712, si pervenne ad un accordo tra la Società e padre Giuseppe Maria Grimaldi, rettore del Collegio gesuitico, affinché nell’erezione del nuovo oratorio i confrati usufruissero del cortile, comune alla chiesa di San Michele ed ai locali della scuola. Dall’atto del 20 aprile 1727 rogato dal notaio Giovanni Stabile, sappiamo che per i lavori dell’oratorio la Compagnia dovette ipotecare molti dei suoi beni immobili e che i lavori furono ultimati sicuramente dopo il 1750. Infatti l’anno prima, cioè il 23 febbraio 1749 e nell’atto rogato dallo stesso notaio, si leggono impegni di spesa per l’acquisto di materiali. In merito, apprendiamo inoltre da Serraino che “… mentre fervevano i lavori dell’erigendo oratorio, la Confraternita provvide a restaurare nel 1717 il tetto dell’antica chiesa, che era in parte crollato per vetustà e minacciava tutto il fabbricato nonché il vicino monastero di S. Elisabetta. Dalla relazione tecnica, all’uopo redatta dall’arch. Giovanni Amico e dal capomastro del Senato, si rileva che per la bisogna occorse la somma di 40 once, che la Confraternita pensò di reperire nel modo seguente ; 10 once in elemosine, 10 once, quale provento di alcuni oggetti d’argento dati in pegno; 20 once, da prelevare alla cassa della Prefetia per capitale spettante dal legato Staiti”.
Il nuovo oratorio dette una sede più consona ai gruppi dei Misteri affidati dalla Confraternita alle maestranze fin dal 1612. Ogni singola categoria artigiana ottenne di condurre in processione il gruppo il giorno del Venerdì Santo, l’autorizzazione a commissionare ad artisti i rifacimenti delle opere, di abbellirle con preziosi manufatti argentei, di partecipare nella processione con i propri adepti, di riporre il “ mistere” in chiesa al termine del rito e di contribuire nelle spese di costruzione delle cappelle dentro la chiesa di San Michele, dove si ponevano i gruppi. Di contro, la Confraternita, che non perdette mai il diritto di proprietà sui gruppi, si assicurò da parte delle maestranze una oblazione in denaro o in cera ed impose alle categorie la partecipazione di un numero minimo di componenti alla processione del Venerdì Santo, attuando per contratto alcune penalità previste in caso di inadempienza.
“ La volontà di apparenza ha spinto le categorie artigiane ad incaricare artisti, più o meno famosi, della realizzazione di dipinti e statue e ricchi arredi sacri furono confezionati per le cappelle delle confraternite e delle maestranze. Tali opere erano il frutto di grandi sacrifici economici, ma vi era la spinta della gioia devozionale e la gratificazione dell’apparenza. Questo atteggiamento fu proprio delle popolazioni di area cattolica a cui la fede imponeva di considerare < santo > il lavoro, < dono > la sofferenza, < misericordia > la rinuncia e non consentiva la gratificazione morale e materiale della ricchezza come all’artigiano o al mercante fiammingo o ginevrino di fede protestante. L’apparenza diventava così sostanza gratificante e ogni sacrificio era sublimato; la didattica della magnificenza della Chiesa cattolica e del potere politico del XVII e XVIII secolo consentiva la compensazione morale dei bisogni ”.
Il periodo che va dal primo decennio del ‘600, quando si presume poterono sfilare i primi gruppi, sino al 1772, anno della costruzione degli ultimi, abbraccia un arco di 150 anni, nei quali l’artigianato trapanese seppe donare alla città simili capolavori d’arte.
Le settantantanove statue dei Misteri (più il gallo della Negazione) furono costruite nelle botteghe trapanesi, dove valenti artigiani-artisti gareggiavano in stile ed espressività nella tipica arte locale detta "carchet ".
“La tecnica del legno, tela e colla prevedeva la costruzione della struttura della figura in legno di cipresso. Su di essa si applicava la modellatura in sughero che veniva poi fasciata con bende impregnate di colla. Gli arti ed il capo venivano invece direttamente scolpiti in blocchi di cipresso, mentre le vesti erano realizzate in spessa tela impregnata di colla che bloccava il movimento dei drappeggi. Successivamente si passava all’impermeabilizzazione della statua con l’applicazione di tre strati successivi di gesso che venivano carteggiati e rifiniti. Quindi si procedeva all’ultima operazione che conferiva realismo alle opere: la pittura dei singoli personaggi e delle opere ”.
Nel 1778, cinque anni dopo che i Gesuiti lasciarono Trapani, la Compagnia del Preziosissimo Sangue e di San Michele subì una scissione ed un gruppo di confrati rifondò l’antica società, che venne sciolta nel 1803.
La processione dei Misteri, in quegli anni era aperta dai confrati che indossavano casacca e visiera, preceduti dallo stendardo luctus adportatus. Le maestranze partecipavano alla processione con impegno e passione, indossando sacco, cappello, cotte e mantello ed accompagnavano il proprio gruppo con venti torce accese, come si legge in alcuni atti d’affidamento. Un obbligo più che un impegno; tale che se la singola maestranza non fosse riuscita a rispettare le condizioni imposte dalla Società del Preziosissimo Sangue, la stessa avrebbe adempiuto il dovuto addebitando il costo ai ceti trasgressori. Abbiamo notizia che nella processione alcuni cantori accompagnavano i gruppi statuari.
E’ solo dalla metà dell’800 che i cantori furono sostituiti dalle bande musicali, così come in quel periodo, gli appartenenti alle maestranze, cioè consoli e mastri non portarono più in spalla il “ mistere “ loro affidato, che si portò in processione da uomini abituati ad un duro ed impegnativo compito, cioè i “massari”, che percepirono, ciascuno, il compenso di dodici tarì. Si ricorda che i componenti del ceto degli ortolani furono gli ultimi a condurre sulle spalle il gruppo loro affidato ( primi anni del '900 ).
L'affidamento di un gruppo ad una maestranza era di grande valenza, tanto che la categoria dei ceramisti, non avendo mai chiesto l'assegnazione di un " mistere ", era considerata “non fiorente” nel panorama economico dell'epoca.
La processione dei Misteri si svolgeva dall’ora canonica nona (corrispondente alle attuali 15.00) all’ora canonica quarta (ore 10.00) e si snodava nelle strette vie della città, entrando ed uscendo nelle chiese e nei conventi.
Nel 1727 un “Bando e Comandamenti d’ordine dell’Illustrissimo Senato di questa Invittissima e Fedelissima Città di Trapani…Per il quale s’ordina, provede, e comanda, che ogni maestro di qualsivoglia maestranza, è professione, che hà Misteri venerdì che sono l’11 corrente mese di Aprile habbiano e debbiano e ogni uno di loro gabbia e debbia ad hore 20. di detto giorno, ritrovarsi nella Venerabile Chiesa di San Michele Arcangelo ed in ogni uno conserverà per associare il loro Misterio, di non lasciare per strada, per come sia che detti Misterji ritorneranno nella Chiesa, sotto pena di onze 2. tanto quelli che lasciranno li loro Misterji per strada “
Nel 1759, don Girolamo Palermo, vescovo di Mazara, a causa dei disordini verificatisi l’anno precedente, sospese la processione per due anni. Solo su sollecitazione del viceré, il vescovo (con lettera del 25 febbraio 1761) autorizzò il ripristino della processione invitando a partecipare massicciamente le autorità civili e militari, la cui presenza costituiva una garanzia al regolare svolgimento. Tra le condizioni imposte dal vescovo ricordiamo il divieto di far iniziare la processione oltre le ore 23.00 del Venerdì Santo stabilendo la conclusione entro le ore 3.00 del sabato, con una tolleranza di quindici minuti, nonché l’obbligo di far entrare i gruppi nelle chiese di S. Nicola, Badia Grande, Orfane, S. Domenico, Itria, S. Pietro, S. Andrea, Madonna della Luce, S. Maria di Gesù, S. Elisabetta, S. Agostino, S. Rocco, S. Francesco d’Assisi, S. Maria Maddalena (S. Chiara) e nel Conservatorio delle Reperite e nella Badia Nuova. Inoltre stabiliva che in ogni chiesa, presente un sacerdote, si cantasse il “Miserere” o lo “Stabat Mater”, aggiungendo che, nel corso della processione, i gruppi non dovevano fermarsi davanti a persone di qualunque ceto sociale o case private; che i cantori dovevano cantare senza visiera ed essere autorizzati e comunque, mai dentro le chiese, che in ogni vara del gruppo dovevano collocarsi quattro lampioni di cera, per evitare che con il soffio del vento potessero restare al buio “.
Nel 1778 si proibì la processione nelle ore notturne e si ordinava di tenere chiuse le porte delle Chiese nella Processione dei Misteri ed inoltre “…la congregazione del Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo, tra l’altro, pagò 36 onze e 6 tarì per non far ledere li dritti e giurisdizione alla nostra sudetta compagnia in conservare li Sagri Misteri della Passione di Cristo e di fare la Processione colli medesimi per la Città unita alle Maestranze alle quali è stato concesso da detta Compagnia il rispettivo Mistero per atto pubblico, coll’obbligo di intervenire alla sudetta Processione pell’occasione del nuovo Real Ordine che proibisce a farsi di notte le Processioni .”
Erano anni difficili dal punto di vista dell’ordine pubblico e del vivere sociale e così, approfittando che circostanze esterne non permettevano, talvolta, il protrarsi della processione nelle ore notturne, la Confraternita “…colse l’occasione per invitare il Senato ad emanare ogni anno il bando di partecipazione a carico delle maestranze inadempienti, minacciando d’intervenire alla processione senza usare il tradizionale abito; il Senato accolse l’invito e obbligò le categorie al costumato ufficio, comminando l’ammenda di tre tarì per ogni maestro non partecipante “ .
Successivamente le maestranze, approfittando del periodo di crisi attraversato dalla Compagnia del Sangue Preziosissimo e del Divino Michele Arcangelo, supplicarono l'intervento del Vicerè e del Senato cittadino, affinché potessero dipendere direttamente dal Senato e come tale tutelare le loro manifestazioni religiose, poiché la crisi economica ormai aveva investito la Compagnia, ed era tale che la stessa poteva solamente gestire la manutenzione della chiesa e l'oratorio di San Michele. Per tali motivi nel 1779 la processione passò sotto l'alto patrocinio del Senato trapanese. Alla Compagnia del Preziosissimo Sangue e del Divino Michele Arcangelo fu consentito di condurre in spalla il simulacro del Cristo Morto, portato antecedentemente dal clero e di portare in processione la statua dell'Addolorata “… condotta dai patrizi ed accompagnata dal sindaco, dal capitano di giustizia e dallo stesso governatore della Confraternita, tutti recanti ceri accesi in mano “.
A proposito della partecipazione delle Autorità alla processione: “ il notaro Matteo Di Blasi, con atto del 12 maggio 1764, c’informa che Antonino Agliata ricevette dal Senato la somma di 4 once e 15 tareni per aver fornito al Sindaco, al Prefetto, ai Ministri ed altri ufficiali intervenuti alla processione del Signor Gesù Cristo celebrata la sera del venerdì santo “.
“ Spettacolo di devozione e di pompa, lo definisce il Ferro nella sua guida agli stranieri in Trapani del 1825; tempo prima il Burgio nel suo diario del 1779 parla del 2 aprile di quell’anno (Venerdì Santo) e della singolare e festosa comparsa ; nel 1812 Padre Benigno che la consimile non vi è non solo in Sicilia, ma nemmeno in tuta l’Italia e l’Europa “.
Il Decreto di soppressione delle Corporazioni artigiane del 23 ottobre 1821, concesse alle stesse la facoltà di potersi unire solo per scopi di opere religiose e di pietà e comunque sotto la vigilanza del Comune. Nella seduta del 20 ottobre 1821, il sindaco Biaggini e il consiglio stabilivano al XV del registro delle sedute del Decurionato: “… viste ed esaminate le istruzioni; considerato che coll’adottare le stesse verrebbe ad eliminarsi una volta l’abuso che finora han fatto sperimentare i consoli d’ogni arte rispettiva, o col malversare le volontarie contribuzioni offerte per la Festività di Maria SS. Di Trapani, e per la processione de’ Sacri Misteri nel Venerdì Santo di ogni anno o col pignorarsi illecitamente l’argento che fornisce il Mistero d’ogni arte fin’oggi lasciato in potere degli stessi; Delibera all’unanimità: /art. 1° Tutti gli argenti de’ Misteri che attualmente detengono i Consoli di ciascun’Arte, alla quale i Misteri si appartengono, saranno consegnati al cassiere comunale, ove rimarranno sempre con obbligo di consegnarli à Consoli in ogni domenica di Palme affine di pulirli e collocarli nel Mistero, ed a patto di restituirli in potere del Cassiere stesso il Sabato Santo / art. 2° Il Cassiere nel consegnare tali argenti à’Consoli ritirerà atto privato della ricezione con obbligazione solidale de’ Consoli di realizzare il Sabato Santo la cennata restituzione. / art. 3° Ogni arte o Maestranza avrà oltre ai Consoli un cassiere che sarà scelto dal Sindaco del tempo tra le persone più oneste ed agiate dell’Arte. / art. 4° Il Cassiere incasserà la contribuzione d’uso, rilasciando ai contribuenti le cautele del pagamento e tenendo un libro d’introiti, e dello ammontare di tale introito renderà in ogni ano un conto al Sindaco, cerziorandosi i Consoli per le osservazioni se ne avranno da fare. / art. 5° Le somme che ricaveranno dalla contribuzione saranno primordialmente destinate per le spese necessarie alla processione de’ Misteri, alla contribuzione annuale per la Festività di Maria SS. Di Trapani, per tutt’altri bisogni dell’arte. / art. 6° I Consoli non avranno alcun dritto d’ordinare de’ pagamenti, e perciò qualunque esito che si darà il cassiere per ordine de’ Consoli sarà a di lui carico individuale, giacché ogni ordinativa de’ pagamenti dovrà emettersi dal Sindaco al quale i Consoli porteranno le di loro istanze sulla necessità degli esiti, tenendo presenti quelli che sono stabiliti a preferenza “.
Con decreto del 1821, le Corporazioni unificarono il loro patrimonio riversato nelle casse dell’ Opera Pia e private della loro sede, si riunirono nei locali messi a disposizione dal Comune per il solo fine della processione dei Misteri.
Problemi legati alla durata della processione si ebbero nel 1833, quando lo svolgimento della stessa venne legato al rientro dei gruppi non oltre le ore 24.00 ( Archivio storico comunale – carp. 2 B). Su queste linee generali la processione è oggi giunta a noi pur con le differenze dettate da ragioni economiche e sociali, senza sostanziali mutamenti, mantenendo stretto il suo rapporto storico con la città, svolgendosi interamente nelle principali vie del centro.
Nei primi decenni del 1900, nello svolgimento della processione si rafforzava lo spiegamento della Forza Pubblica “ per evitare che cambiasse itinerario, non appena giunti a piazzetta Saturno “.
Il Canonico Padre Fortunato Mondello così descrive la processione nel 1901: “ ...Le Maestranze precedono il proprio Misterio con ceri accesi, e vi si associano quasi tutta la notte. Diverse musiche, venute dalla provincia con le loro marce funebri, invece di ridestare migliori sentimenti all’animo, atteso lo spirito indifferente de’ tempi, divagano l’immensa folla, che spensierata rivolge altrove la mente, fino intanto che la processione stessa rientra nella chiesa di san Michele “ .
Con il Decreto del 26 luglio 1910 s’aggregò la Confraternita di San Michele alla Congrega di Carità e con decisione del 30 gennaio 1914, la V Sezione del Consiglio di Stato, la reintegrava nel suo patrimonio, esentava la trasformazione e confermava la somma annua di lire 100 per il mantenimento della chiesa di San Michele.
Nel 1911, la processione iniziò alle 16,30 e terminò alle 3,00 del sabato (come stabilito nel 1761) e su decisione del vescovo di Trapani, Mons. Francesco Maria Staiti,venne proibito ai gruppi l’ingresso in alcune chiese e nel 1924 il divieto venne esteso a tutte le chiese “ per lo scempio vandalico e per gli atti d’inqualificabile irriverenza “.
Nel 1918, l’eco della prima guerra mondiale ne sconsigliò lo svolgersi e nel periodo fascista la parte organizzativa venne curata dall’Opera Nazionale Dopolavoro e in sintonia con lo spirito dell’epoca, la processione veniva aperta dalla figura di un centurione romano.
L’orario di rientro venne anticipato di un’ora nel 1939, così come l’ora di uscita, mente la prima processione post-bellica, quella del 19 aprile 1946 si svolse dalle ore 16.00 alle 24.00.
La seconda guerra mondiale inflisse un duro colpo alla storia dei Misteri e il bombardamento del 1943 che danneggiò gravemente la chiesa di San Michele, colpì anche alcuni gruppi che andarono distrutti. Alla ricerca di una sede che li ospitasse in modo stabile, i gruppi girarono per le chiese cittadine ( Badia Grande, Collegio, Santa Maria del Gesù, Immacolatella), sino a trovare degna e definitiva dimora nella Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio. Un nutrito gruppo di concittadini, tra i quali l’avvocato Mario Serraino, si fece promotore della difficile opera di ricostruzione della processione, sia dal punto di vista strutturale (ricostruzione dei gruppi danneggiati) che economico, in considerazioni delle difficoltà del paese al termine del conflitto bellico.
Anche l’itinerario subì l’avanzata del modernismo e dal 1947 i gruppi iniziarono a percorrere la più grande arteria cittadina, la via Giovan Battista Fardella, alterando lo stretto rapporto storico tra la semplice dinamica espressiva delle statue con i palazzi e le vie del centro cittadino. Ma anche sul fronte economico, divenuto preponderante nella gestione della processione, si registrarono gravi difficoltà e, così come avvenuto in passato, alcune categorie economiche scomparvero dal panorama economico e furono sostituite da nuovi ceti artigianali anche nell’ affidamento dei gruppi.
La parte organizzativa della processione venne curata, negli anni ’50, dall’Ente Provinciale per il Turismo che si fece promotore della copertura dei cavalletti su cui appoggiano i gruppi mediante un rivestimento di velluto nero, recante la categoria di appartenenza del gruppo, le cosiddette “ mante “.
Un tentativo, rimasto isolato, di ritornare alle antiche tradizioni fu sperimentato nel 1966 quando i gruppi rimasero nel centro storico, l’Addolorata entrò in Cattedrale , ove venne intonato lo “ Stabat Mater “ e rientrarono alle tre del sabato. A parte quell’anno, la processione è rientrata sempre nella mattina del sabato, con un progressivo ed eccessivo protrarsi dei tempi di rientro ed un abbandono dell’itinerario nel centro storico.
Per collegare le varie categorie economiche ai fini della processione, nel 1974 si costituì l' Unione delle Maestranze che pose fine non solo alle singole rivalità tra i ceti ma uniformò e gestì la parte organizzativa della processione, nonché ripartire in modo appropriato i contributi economici erogati dagli Enti pubblici. Il 26 dicembre dello stesso anno, il vescovo di Trapani, Mons. Francesco Ricceri, approvò le nuove norme della Confraternita di San Michele Arcangelo che elesse sede nella Chiesa del Purgatorio.
Ma i rapporti tra l’Unione delle Maestranze e la Confraternita non furono ispirati da armonia, soprattutto sull’annosa questione della proprietà dei gruppi, vanamente reclamata e pretesa dalle categorie economiche e che il 18 aprile 1905, aveva trovato chiarimento nella nota del Comune di Trapani, firmata dal sindaco Giulio D’Alì Staiti dove si affermava che: “ … la processione dei Misteri si compone di 20 gruppi, che sono di proprietà della Compagnia di S. Michele Arcangelo, e ciascun gruppo è ceduto in uso ed affidato ad un’arte o maestranza, che ne osserva l’uscita e la spesa relativa.” culminata nella incerta e sospensiva sentenza del 13 maggio 1989 del Tribunale Ecclesiastico Diocesano di Reggio Calabria.
“Le differenze tra la processione dei Misteri che si svolgeva nel ’600 e quella di oggi sono notevolissime, tanto da far pensare alla scomparsa della vecchia processione (ma già nel ‘700 si manifesteranno episodi di straniamento e di contaminazione, anche se i gruppi verranno composti, o ricomposti, quasi tutti nel ’700). Si pensi, ad es., all’assenza, prima, dell’accompagnamento musicale, agli itinerari dal centro antico di Trapani alla periferia della città, alle luci ceriche e poi elettriche, e così via. Si pensi ancora che lo stesso addobbo floreale ha perso il suo significato. Mentre negli antichi itinerari tra le penombre delle viuzze e dei vicoli, i fiori non erano veramente un preannunzio della Pasqua, ma accompagnavano il lutto ed esalavano tristezza, ora invece negli ampi spazi delle piazze e dell’arteria “fuori porta ”, lungo la via Fardella, essi segnano l’efflorescenza della festa primaverile, e sono in gara di bellezza e decoro. Si è persa, persino, quella cesura tra ceti sociali che, specie nell’Ottocento e nei primi del ‘900, aveva distinto la partecipazione dei cittadini: il popolo dietro le statue di tela e colla, e il pubblico di patrizi e borghesi, astante (e distante) a seguire la processione dai sospesi balconi. Mutati i contesti storici, mutate le condizioni sociali e ambientali, mutata la “struttura” organizzativa e il rapporto clero/maestranze, ovvero Chiesa curiale/maestranze, entro una indefinita, controversistica trama di rivendicazioni e ripulse, la processione dei Misteri/mestieri conserva, tuttavia, il suo fascino, che non è solo folkloristico e fideistico. Perchè quei venti Gruppi sacri ci sospingono, al di là dello straniamento multicolore, a soffermarci sulla nostra fragile esistenzialità, riverberata sul Cristo dolente e possente. Il valore della processione è tutta nell’arte antropologica dei vari Ciotta, Nolfo, Pisciotta, Milanti, che hanno riprodotto con intensa verità il dramma perenne della vita e della morte, che è dramma dello spirito umano".
Nel 2000, su decisione del vescovo di Trapani, Mons. Francesco Miccichè, la Confraternita di San Michele Arcangelo è stata “ congelata “ e dopo quasi quattro secoli, i rossi sacchi ed i bianchi cappucci che a quella sacra rappresentazione diedero storia e divenire, non aprono più la Processione dei Misteri di Trapani.
Alle 14.00 in punto del Venerdì Santo, i Sacri Gruppi escono dalla chiesa barocca del Purgatorio, portati in spalla dai caratteristici "Massari" o da giovani volontari, accompagnati dal classico suono delle marce funebri intonate dalle bande musicali, per poi snodarsi lungo un percorso che tocca le principali vie della città, per quasi 24 ore e senza interruzioni. Durante la notte i Misteri percorrono le vie più caratteristiche e belle del centro storico, è stupendo vedere tutta la gente per le strade di notte con il rumore dei tamburi e in particolare delle ciaccole in sottofondo. I Misteri ti passano davanti velocemente tra una sosta e l'altra fino ad arrivare alle Barracche, è l'alba, le processioni si ricompongono, le bande ricominciano a suonare , e tra un'annacata e l'altra viene percorso l'ultimo pezzo del tragitto.
Il sabato mattina, piazza Purgatorio si riempie in crescendo, qui uno dei momenti più emozionanti della processione: L'entrata dei Sacri Gruppi nella chiesa del purgatorio.
I misteri entrano ad uno ad uno nella chiesa accompagnati dalle bande, c'è chi piange per l'emozione, chi applaude, chi scatta le fotografie, chi prega e chi riprende il tutto con le telecamere.
Le ultime annacate, il suono delle ciaccole, ancora un altro poco e la processione termina. I consoli dei propri gruppi e i Massari accompagnati dalle bande portano i misteri dentro la chiesa, entrando e uscendo dal portone fino a quando la musica finisce. La processione sta per finire con l'emozionante entrata dell'Addolorata, ancora un'altra annacata, ancora un altro colpo di ciaccula per mettere punto all'ennesima edizione della processione trapanese, il portone si chiude e la gente se ne va per le strade piene di cera.
I Misteri sono la rappresentazione artistica della morte e passione di Cristo, in totale sono 20 gruppi sacri, di cui due simulacri di Gesù Morto e di Maria Addolorata. Furono concessi in affidamento, tramite atti notarili, dalla Confraternita di San Michele Arcangelo che istituì il rito alle maestranze locali con l'impegno di curarne l'uscita in processione.
La tecnica di realizzazione delle statue, iniziata da Giovanni Matera, consiste nello scolpire nel legno i volti, le mani ed i piedi, così come di legno è lo scheletro. Sono internamente sostenuti da ossature in sughero, sui quali si modellavano gli abiti grazie al fatto che la stoffa, precedentemente immersa in una mistura di colla e gesso, permetteva una maggiore naturalezza degli abiti e, maggiore plasticità espressiva, secondo una tecnica tipicamente trapanese, detta carchèt. In tal modo nei drappeggi dei vestiti vennero realizzate quelle pieghe che si plasmavano alla diversità della scena rappresentata e rendevano ogni figura diversa dall'altra.
Per la realizzazione di questi gruppi non ci si ispirò all'iconografia classica, ma ad episodi citati nei sacri testi o nei vangeli apocrifi ed aggiungendo anche delle personali interpretazioni, e gli artisti trapanesi seppero dare a questi gruppi una dinamicità rappresentativa unica nel vasto panorama delle sacre rappresentazioni.
Le statue sono fissate ad una base lignea detta vara, con un procedimento particolare, al fine di consentire una certa oscillazione durante il trasporto, tale da esprimere una scenica rappresentatività al gruppo.
Le più antiche vare sono state intagliate dagli artigiani trapanesi con le raffigurazioni di putti, simboli del ceto di appartenenza o vedute di Trapani.
La vara appoggia su cavalletti di legno e questi ultimi sostituirono le forcelle. Infatti nei primi anni della processione, quando i gruppi dovevano effettuare delle soste, appoggiavano proprio sulle forcelle che sostenevano l'intero peso. Tuttavia, questa soluzione presentava molte difficoltà ed erano frequenti rovinose cadute dell'intero gruppo. Si pensò pertanto di sostituirle con i cavalletti che, se hanno aumentato il peso dell'intero gruppo, hanno tuttavia permesso una maggiore sicurezza nel trasporto. Le antiche forcelle sono ancora oggi presenti nella Processione dei Misteri di Erice, dove le dimensioni e il peso dei gruppi sono di gran lunga inferiori a quelli del capoluogo.
Si tratta, prevalentemente, di opere realizzate in argento, anche se non mancano decorazioni in oro e in corallo.
Furono commissionati sin dai primordi della processione, quando venne affidato alle Maestranze la cura dei gruppi per la rappresentazione del Venerdì santo. Ad eseguire i preziosi oggetti vennero chiamati i più noti maestri argentieri trapanesi: Michele Tamborello, Ottavio Martinez, Giuseppe Piazza o Giovanni Porrata, Vito o Vincenzo Parisi, Giacomo o Giovanni Caltagirone, Giacomo o Giuseppe Costadura, Baldassare Indelicato e tanti altri.
Gli argenti ed i preziosi, nei restanti giorni dell'anno, vengono custoditi a cura del capo-console di ogni singolo gruppo e soltanto qualche giorno prima lucidati, seguendo un rituale dei componenti del ceto.
È generalmente uno dei consoli a "vestire" il gruppo. La "vestizione" segna infatti uno dei momenti clou della preparazione dei gruppi e precede o si svolge quasi in contemporanea con un altro momento significativo, quello dell'addobbo floreale.
Di notevole valore storico e artistico sono gli "abitini". Si tratta di una riproduzione in argento del gruppo che i componenti la maestranza indossano legandola al collo con una cordicella; malgrado l'antica processione delle maestranze in abito nero sia stata sostituita da figuranti in costume, alcuni gruppi conservano ancora questa antica e suggestiva tradizione.
In occasione della processione, oltre agli ornamenti veri e propri, su alcuni gruppi notiamo delle medaglie. Si tratta delle premiazioni (ora soppresse) che intorno agli anni '60-'70 premiavano l'aspetto processionale e l'addobbo dei gruppi. Negli ultimi anni, alcune categorie hanno posto dei cuori d'argento sulle statue di Cristo.
Negli ultimi tempi si è provveduto ad una pulitura delle superfici dei gruppi. Dopo tanti anni, nei quali la polvere, il fumo delle candele e le pennellate di vernice avevano scurito le colorite espressioni ed i drappeggi, si è così pervenuti ad una immagine nuova (ma in realtà originale) nella colorazione delle statue.
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