IL MAMMO



Del «mammo» si iniziò a parlare con insistenza quando uscì «Mrs. Doubtfire», il film in cui Robin Williams si camuffava in un’attempata governante pur di continuare a vedere regolarmente i propri figli dopo il divorzio dalla moglie: in quel ruolo si ritrovava a cucinare, fare pulizie, organizzare la vita dei ragazzi. Da allora questo nomignolo non ce lo siamo più levati di mezzo.

I «mammi» sarebbero «lavoratori casalinghi che si occupano della gestione di figli e casa, invece che lavorare sotto padrone fuori dalle mura domestiche». Penso che sia già abbastanza fastidiosa l’equiparazione mamma-casalinga, che rimanda ad un’epoca per fortuna trapassata in cui la donna poteva essere solo l’angelo del focolare e l’uomo l’unico titolato a provvedere al sostentamento della famiglia.

Ancora più fastidioso è l’automatismo per cui se un uomo si occupa assiduamente dei figli diventa subito un «mammo».

Le cose sono molto cambiate nel corso degli anni. I padri di oggi sono molto diversi da quelli di ieri, che poi sono stati i loro padri e oggi sono i nuovi nonni, a loro volta diversi dai nonni delle passate generazioni, che fanno con i nipotini cose che non hanno mai fatto con i loro stessi figli. In Italia non siamo forse al livello di altre nazioni realmente evolute, come i Paesi scandinavi, dove le pari opportunità lo sono per davvero e non esistono solo come intitolazione di un ministero. Paesi dove è normale che anche un uomo si prenda giorni di astensione dal lavoro per «paternità». E dove nessuno si sorprende nel vedere uomini che spingono i passeggini o che imboccano i pargoli sul seggiolone al tavolo del ristorante.

Ci sono molti padri oggi che partecipano alle incombenze domestiche e che si dedicano alla cura dei figli. Che non si limitano a giocare con loro – cosa che per inciso forse molti genitori, maschi o femmine che siano, fanno troppo poco – , ma che partecipano ad ogni aspetto della loro vita, accompagnandoli o riprendendoli a scuola, aiutandoli nei compiti, partecipando alle riunioni di classe, preparando il pranzo o la cena, accompagnandoli dal pediatra e accudendoli in caso di malattie. E che magari sanno pure andare da soli nei negozi a comprare loro dei vestiti senza sbagliare taglia e senza fare troppi danni con gli abbinamenti di colore.

Non sono dei superman, sono uomini normali. E non serve inventarsi nuovi termini per definirli. Mamma è una parola stupenda, è per antonomasia la prima che si impara nella vita e da sola dice tutto. Non merita di essere storpiata.

E poi c’è già un termine bellissimo, il più bello di tutti, per gli uomini che si occupano di figli: «papà».



Il padre materno è un uomo confuso, senza identità né ruolo che, non sapendo come fare il padre, si riduce a copiare e ripetere gli atteggiamenti tipici di una madre di un tempo realizzando il cosiddetto “paternage” in poche parole, facendo il "mammo".
Intendiamoci, è evidente e positivo che i papà di oggi abbiano sviluppato nuove capacità affettive però capita spesso che a questa evoluzione corrisponda una speculare carenza di capacità a svolgere compiti normativi tipici del padre di un tempo  e purtroppo va registrato che i figli di questi padri è facile che vivano una pericolosa sensazione di mancanza di regole (anomia) che può sfociare in un vero e proprio senso di abbandono.

Dentro di loro è possibile che si crei uno spazio, un vuoto di regole, norme, confronti, scontri, pericolosamente vasto, facile preda di tutti gli altri attori sociali che concorrono – al giorno d’oggi - alla formazione di un ragazzo: TV, Scuola, Amicizie, Sport, Musica. I figli di un padre eccessivamente permissivo è facile che escogitino strategie di compensazione che li portano a perseguire modelli di autoformazione – quindi senza un contraddittorio o una guida qualificati – ed è possibile che le loro scelte cadano su modelli autoritari, aggressivi o addirittura devianti, ritenuti finalmente chiari, decisi e caratterizzanti come il loro padre non è stato.
Questo padre, anzi questo mammo, nel momento stesso in cui raccoglie il plauso di chi vede in questo nuovo atteggiamento affettivo un positivo ingresso del padre nel mondo delle emozioni dei figli, viene giustamente accusato di consumare la morte del padre e di negare ai propri figli l'opportunità di formarsi nel confronto con una norma chiara e ben definita, traendo magari vantaggio anche dalle differenze e dal confronto tra il padre e la madre. Questo padre dissolve la paternità nella maternità e non fa un bel servizio ai propri figli.



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