IL FLIPPER



Il flipper, detto anche biliardino elettrico, o elettroautomatico, è un gioco di abilità a moneta di origini statunitensi, molto diffuso a partire dagli anni cinquanta, soprattutto in bar e locali pubblici.

Il nome originale inglese della macchina è pinball; il termine flipper, usato in Italia, Francia ed altri paesi europei, deriva dalle piccole pinne (flippers), oggi più comunemente note come alette, comandate da pulsanti esterni e con le quali il giocatore può colpire una biglia d'acciaio mirando a bersagli posti su un piano inclinato coperto da un vetro trasparente. Ogni singolo bersaglio o combinazione di bersagli colpiti apporta un punteggio o agevolazioni (bonus) al gioco.

Il flipper originario, derivato direttamente dai giochi del tipo Bagatelle diffusi già dai tempi della corte del Re Sole, consisteva in un semplice piano inclinato, sul quale venivano fatte scorrere dall'alto delle biglie d'acciaio. Una volta lanciate manualmente per mezzo di un pistone a molla, le biglie scorrevano lungo il piano inclinato e finivano più o meno casualmente dentro delle buche o dei passaggi obbligati, ai quali corrispondevano determinati punteggi. La vittoria era collegata al raggiungimento di un punteggio massimo, oppure di una determinata combinazione o sequenza di buche (ad esempio per formare una determinata parola).

Il flipper presto viene abbellito dotandolo di luci, suoni ed altri meccanismi elettrici ed elettromeccanici: relè, motori elettrici, ed altri congegni molto simili a quelli utilizzati un tempo nelle centrali telefoniche, ma il suo funzionamento rimase invariato per più di vent'anni. La svolta avvenne con l'introduzione appunto dei flippers, una sorta di palette di plastica azionabili con dei pulsanti esterni, per mezzo delle quali era possibile respingere le biglie, e indirizzarle verso specifiche buche o bersagli.

Il primo flipper con le palette fu "Humpty Dumpty", prodotto dalla Gottlieb nel 1947. L'invenzione delle palette elettromeccaniche (dovuta al Game Designer Harry Mabs) rivoluzionò radicalmente il flipper, trasformandolo da gioco di fortuna in gioco di abilità, grazie alla possibilità di giocare la biglia a piacimento, controllando entro certi limiti lo svolgimento della partita, e di conseguenza aumentando il piacere di gioco.

Il problema della dipendenza da flipper preoccupò in Europa, donde i più conservatori lo considerarono l'ennesima perversione proveniente da oltreoceano.



Il flipper restò per decenni una complessa macchina elettromeccanica, piena di relè, contatti, rotori, elettromagneti, molle e lampadine; solo verso la metà degli anni settanta le prime sperimentazioni videro gradualmente il passaggio a modelli interamente controllati da una scheda elettronica dedicata; tuttavia buona parte dei componenti del piano di gioco del flipper sono rimasti elettromeccanici, anche se negli apparecchi attuali sono controllati da una moderna CPU.

Gli ideatori del piano di gioco e gli illustratori resero sempre più attraenti queste macchine. I nomi di questi professionisti non sono molto conosciuti, fino agli anni ottanta spesso tenuti segreti per politica aziendale (in rari casi riuscivano ad inserire le proprie firme in particolari nascosti della grafica del gioco). 

Fino agli anni Settanta non c’era bar in Italia che non avesse il suo bravo flipper, con le sue lucine intermittenti, la grafica sgargiante e quel rumore inconfondibile della pallina che sbatteva da una parte all’altra della macchina. La moda era talmente diffusa in Europa e negli Usa, che gli Who nel 1969 edificarono un’opera rock intorno a un’immaginaria star del «pinball», Tommy, che non sentiva, non parlava e non vedeva ma in compenso giocava da dio a flipper. Poi sono arrivati videogiochi e slot, i cassettoni metallici multicolori sono stati spazzati via e con loro un pezzo di storia dell’intrattenimento, ma anche dell’arredo e dell’immaginario pop di un’epoca cominciata negli States nel secondo Dopoguerra. 
 
La storia del pinball in Italia comincia con i primi pezzi abbandonati nelle basi militari americane alla fine degli anni Quaranta, prosegue con l’arrivo delle macchine usate dalla Francia e dalla Germania nel decennio successivo, ma ha un precedente significativo già sotto il fascismo, quando Mussolini vietò gli antesignani dei flipper perché venivano prodotti negli Usa: «Sono stati ribattezzati “Bigliardino dell’Italia redenta” e rimessi in circolazione, noi ne abbiamo uno degli Anni Trenta», racconta il presidente di Tilt. Neanche nel Dopoguerra il gioco ha avuto sempre vita facile: negli anni Sessanta, il periodo di massima espansione commerciale del pinball in Italia, fu il governo a promuovere una legge che vietava tutti i giochi tipo flipper, classificandoli come d’azzardo perché si vinceva una partita. «Era il 1965 quando Giulio Andreotti ha firmato il provvedimento – ricorda Croci -, allora le ditte Usa, per aggirare l’ostacolo, hanno fatto cancellare la scritta flipper da tutte le macchine sostituendole con “nuovo bigliardino elettrico”, eliminando la possibilità di vincere partite o palline». La crisi vera, dopo un boom durato fino agli anni Settanta, quando i flipper elettromeccanici furono rimpiazzati da quelli elettronici, è arrivata negli anni Ottanta, con l’arrivo dei videogiochi, per trasformarsi in catastrofe con l’avvento delle slot-machine, che dal 1995 cancellarono i pinball dai locali italiani.

Nel mondo è rimasto attualmente un solo produttore, la Stern (USA), anche se si moltiplicano le iniziative, soprattutto da parte di entusiasti e collezionisti, di ricostruire su licenza piccole quantità di apparecchi del passato, anche recente, nonché parti di ricambio o altro.

Per dare uno sguardo al possibile futuro del flipper, vi sono dei nuovi progetti di macchine fornite di CPU e dotate di un piano di gioco virtuale (costituito da un pannello LCD posizionato orizzontalmente), che permetterebbero di simulare molto bene il funzionamento di un vero flipper, con il vantaggio di poter avere più modelli da far funzionare su un'unica macchina.



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