LA STORIA DELLA MUSICA
La musica può essere rintracciata in tutte le culture, dei luoghi e periodi più disparati. Fonti attestano la sua esistenza almeno 55.000 anni fa, col principio del paleolitico superiore, e alcuni studiosi ipotizzano la sua nascita in Africa, quando le prime comunità umane conosciute si iniziarono a disperdere sul globo. La storia della musica è una branca della musicologia e della storia che studia lo sviluppo cronologico di idee e convenzioni musicali nei differenti popoli, con particolare riguardo alla musica d'arte di tradizione occidentale, ed è pertanto una disciplina diffusa nelle università e nelle scuole di musica di tutto il mondo.
Il problema della determinazione dell'epoca che ha visto nascere la musica è ovviamente connesso con la definizione di musica che si sceglie di adottare. Mentre, infatti, per un sistema teorico di organizzazione dei suoni, collegato a precisi riferimenti estetici, dobbiamo attendere l'antica Grecia, per la prima comparsa di singoli ingredienti, come la produzione volontaria, anche tramite strumenti, di suoni da parte dell'uomo, dobbiamo risalire al paleolitico.
Alcune testimonianze in questo senso possono essere dedotte da numerosi ritrovamenti in osso e in pietra interpretati come strumenti musicali. Tali sono, ad esempio, gli zufoli magdaleniani di Roc de Mercamps, o i litofoni neolitici scoperti nelle vicinanze di Dalat (Vietnam).
Con l'agricoltura iniziò il declino del nomadismo ed alcune aree privilegiate videro un primo sviluppo delle civiltà della cultura: il fatto che una parte della popolazione potesse risiedere stabilmente in aree urbane diede un impulso notevole alle attività creative dei popoli antichi, anche nella musica: è qui che ha inizio la musica antica.
La teoria musicale occidentale, risalente ai greci antichi, ha attinto fortemente dai popoli egiziani e dalla Mesopotamia: questi conoscevano già gli intervalli consonanti di quinta, quarta ed ottava, e ne facevano il punto di partenza di diversi sistemi di scale. Venne elaborato un sistema di relazioni tra altezza delle note e lunghezza delle corde (o dei flauti) necessaria per produrre tali note, a prescindere dalle relazioni matematiche alla base della produzione del suono che poi sarebbero state codificate da Pitagora. Era quello un periodo in cui la visione del mondo era comunque fortemente condizionata da superstizioni e religioni: i mesopotamici, ad esempio, adoravano i pianeti e ritenevano che l'armonia tra uomo ed universo fosse regolata dai numeri e si rispecchiasse proprio nella musica. Le basi della moderna teoria musicale vennero stabilite dai Greci, in particolare da Pitagora, che studiò in Egitto ed anche in Mesopotamia.
Le origini della musica greca si perdono nella mitologia dell'Età degli Elettori, iniziata con la separazione della Grecia continentale da Creta, attorno al 1400 a.C. Secondo la leggenda, la lira, il flauto ed il flauto ad ancia furono inventati da Ermes, Iagnis e Marsia, mentre il padre del canto era Orfeo: al flautista Olimpo venne attribuita l'introduzione delle melodie tradizionali (nomoi). Tra l’VIII ed il VII secolo a.C. coesistettero tre tendenze musicali. Gli aedi, o rapsodi, professionisti che cantavano le gesta degli eroi e degli dèi accompagnandosi con il Kiltharis, una lira di grandi dimensioni (il termine "lirica" deriva dallo strumento usato proprio dagli aedi): sui loro canti è basata l'Iliade (850 a.C. circa), riconosciuta come il primo grande poema epico della letteratura occidentale. Successivamente gli aedi si interessarono a temi di attualità o popolari. Nelle campagne la musica e la danza avevano come protagonista principale la syrinx, ossia il flauto di Pan, mentre il canto corale accompagnava le cerimonie religiose e quelle civili in generale.
Tra il VI ed il V secolo a.C. il teatro classico raccolse la tradizione della lirica, con autori del calibro di Eschilo, Euripide ed Aristofane. Il coro che accompagnava queste opere era rigorosamente all'unisono. Accompagnato eventualmente dalla lira o dall'aulos (una specie di flauto doppio): esso faceva da commento alla rappresentazione, ma eseguiva anche la danza, detta orchesis, stando nello spazio davanti la scena (che per questo venne detto orchestra). Il termine assunse l'odierno significato durante le prime esecuzioni di opere italiane, quando i musicisti sedevano davanti al palcoscenico.
La musica non era concepita dai greci come attività indipendente, ma come nucleo principale dell'educazione, assieme alla cultura fisica: lo stesso Platone ne sottolineò l'importanza educativa.
Le scale erano basate su gruppi di quattro note di intonazione discendente, detti tetracordi (quattro, come le corde delle prime lire). La nota iniziale e quella finale di ogni tetracordo formavano un intervallo di quarta perfetto: le note interne potevano essere alterate per formare diversi tetracordi (genera). Le scale di sette note, o harmoniai erano formate collegando tra loro due tetracordi ed estese per coprire due ottave. Tra queste era poi possibile scegliere scale d'ottave diverse dette modi: il modo da un do all'altro, ad esempio, corrispondeva all'attuale scala in do maggiore.
Pitagora trovò le relazioni numeriche tra la frequenza dei suoni e la lunghezza di una corda, includendo tutto questo nella sua cosmologia: questo pensiero influì poi profondamente nella cultura occidentale.
La musica suonata in quei tempi è andata perduta, anche per mancanza di una notazione musicale (introdotta dopo il IV secolo).
Intorno al 2000 a.C. il popolo Ebreo iniziò a distinguersi dagli altri popoli semiti nomadi del Medio Oriente: strumenti tipici di quel periodo erano il tabret o tof (timpani), il ugab (flauto) ed il Kinnor (una lira di piccole dimensioni). Strumenti riservati per il punto erano lo shofar, un corno d'ariete, la kazozra, una tromba, ed il pa'amon, un sonaglio usato solo dai sacerdoti. Nel 1050 a.C. gli Ebrei avevano occupato la Palestina: la loro cultura era stata influenzata dall'Egitto e dalla Mesopotamia e da quella di altri popoli. Dopo la diaspora (200 d.C.) il tempio perse il suo significato di centro del culto, a favore della sinagoga: i rabbini scoraggiarono la musica profana e modificarono la struttura di quella sacra, precedentemente accompagnata da più strumenti (il Kinnor, un'arpa a dieci corde detta nevel e talvolta le hazozra) ed ora solo dallo shofar, basandosi sul canto solistico.
La musica degli antichi romani fu influenzata dal popolo etrusco, da quello greco e dai popoli mediorientali. La tuba era una tromba etrusca dritta, in bronzo o legno ricoperto di cuoio: altre strumenti erano il cornu (un corno semicircolare) e la buccina, un corno animale. Nell'esercito la tuba era usata per l'attacco e la ritirata, la buccina per i turni di veglia. Altri strumenti (importati) erano l'aulos greco, ribattezzato tibia, lo zampone, proveniente dal Medio Oriente, e successivamente l'organo ad acqua (hydraulis). Gli strumenti a corda comprendevano una kithara ingrandita, vari tipi di arpe a più corde, mentre le percussioni comprendevano lo scabellum, una tavoletta battente con dei cardini, il sistrum, cimbali, tamburelli e campane. La musica non aveva la connotazione religiosa notata in altri popoli, essendo trattata come parte della vita sociale, o delle occasioni pubbliche come i festeggiamenti: i musici professionisti godevano di buona reputazione.
La musica occidentale iniziò il suo sviluppo durante il medioevo e il rinascimento, ed ogni passo è stato indubbiamente ricco di significati, non solo nell'ottica della lenta preparazione per la musica classica così come oggi è intesa.
La polifonia vocale iniziò a svilupparsi nel IX secolo e raggiunse la sua vetta proprio nel Rinascimento. Polifonia indica il canto a più voci che si muovono ciascuna secondo una propria linea, creando così degli intrecci tra le varie voci spesso molto complesse: tutto questo molte volte si contrappone alla concezione usuale della musica vocale, comprendente una linea prevalente che viene semplicemente accompagnata dagli altri elementi. La tecnica della polifonia è basata sul conto, l'antica tecnica di scrittura in più parti che si adattano nota contro nota, o "punto contro punto) (contra punctum).
Il canto liturgico fu il vero punto di partenza per lo sviluppo della polifonia: esso (canto piano) si componeva di una singola linea melodica, cantata all'unisono, senza accompagnamento strumentale.
Il canto gregoriano è il corpus di questi canti, codificati nel VI secolo d.C da papa Gregorio Magno.
La prima elaborazione del canto piano è del IX secolo (o forse addirittura antecedente), e partiva da un andamento parallelo per intervalli di ottava, quinta e quarta: venne chiamata "organum", forse perché l'organo usava allora gli stessi parallellismi. Sopra alla melodia (il "cantus") successivamente venne sovrapposta una voce libera e talvolta improvvisata (il "discantus").
La prima forma di polifonia trovò il massimo splendore del XII secolo ed all'inizio del XIII con la Scuola di Nòtre Dame: le forme più importanti del periodo, oltre all'arganum già citato, furono il motetus ed il conductus. Il motetus (mottetto) era caratterizzato da una melodia di canto piano, tenuta in note lunghe da una voce appunto chiamata "tenor", cui si aggiungevano altre parti, con un andamento più veloce. Il conductus, più semplice, faceva invece parte della musica profana.
Contemporaneo alla nascita della polifonia fu lo sviluppo della notazione musicale: per indicare le note, i greci usavano infatti le lettere dell'alfabeto. Boezio (470-525 circa) ne introdusse l'uso nel primo Medioevo in Europa, mentre intorno al VII secolo si cominciò ad usare il sistema dei neumi, segni corrispondenti a note o gruppi di note.
Non veniva data però un'indicazione sugli intervalli: nel'XI sec. fu il monaco Benedettino Guido d'Arezzo a dare ad ogni nota della scala un nome con una sillaba, formando così la base del solfeggio. Nel frattempo si sviluppò anche il sistema del rigo musicale, ed iniziarono le prime variazioni nella forma delle note così da indicarne il valore.
La polifonia del tardo Medioevo, a partire dal teorico Marchetto da Padova, venne detta Ars Nova, in contrapposizione all'Ars Antiqua del XII e XIII secolo: il contrappunto dei compositori dell'Ars Nova raggiunse vette di notevole complessità, con movimenti delle voci più indipendenti rispetto al passato. Il maggiore tra i maestri dell'Ars Nova fu sicuramente Landino Francesco, della prima metà del secolo XIX, eccellente organista (cieco dalla nascita, fu chiamato anche "Il cieco degli organi" e compositore di molti madrigali e ballate.
Nel Medioevo si assiste all'esecuzione musicale anche fuori dalle chiese: nacque la figura del jongleur, che della musica e degli scherzi faceva professione. Di livello maggiore erano i jongleurs de geste, rivolti verso l'epica. Al tempo, la società era profondamente gerarchica: al massimo livello erano i nobili, che già allora si dilettavano di musica e belle arti.
I troubadors (trovatori, nella Provenza) erano artistici girovaghi: essi trovavano (ossia inventavano) parole e musica, spesso in maniera molto raffinata, trattando di cavalleria e di amor cortese, influenzando profondamente la letteratura dell'epoca. Migliaia sono le composizioni pervenuteci, alcune addirittura di notazione musicale. Nel loro lavoro venivano aiutati dai menestrelli, che appunto "ministravano" un supporto musicale, fino a che nel XIV secolo questo nome passò ad indicare il musico professionista.
I Minnesanger (cantori d'amore) erano l'equivalente tedesco dei trovatori, ovviamente con le dovute differenze culturali. La loro arte vide il declino alla fine del XIII secolo, e venne poi ripresa nel XIV dai Meistersinger (maestri cantori) che erano artigiani o commercianti di città, dunque estranei alle corti nobili. Questi artisti erano riuniti in corporazioni che prevedevano regole estremamente rigide a riguardo della composizione e dell'esecuzione dei canti. Queste associazioni, che durarono circa tre secoli, furono descritti da Wagner nell'opera I maestri cantori di Norimberga.
Per la chiesa del medioevo tutti gli strumenti, eccetto l'organo, erano pagani. L'organo poteva assumere, per questo motivo, moltissime dimensioni, dal piccolo organo portativo a complessi come l'organo dell'Abbazia di Winchester del X secolo, dotato di 400 canne, o gli organi presenti in abbondanza nelle più importanti chiese romane.
Nel medioevo la musica era principalmente vocale: nella musica profana, comunque molti erano gli strumenti usati. Troviamo quindi strumenti di antica origine come il flauto semplice e la zampogna, o l'arpa o la tromba naturale direttamente ereditati dall'epoca romana. Altri - come il liuto - vennero introdotti in Europa dai popoli arabi e turchi. Nel medioevo gli strumenti erano classificati in base all'intensità dei suoni prodotti: c'erano comunque gli strumenti alti, come trombe, tamburi e cornamuse, da suonarsi prevalentemente all'aperto, e gli strumenti bassi, dal suono delicato, destinati al chiuso.
Il Rinascimento, dal punto di vista musicale, arriva dopo quello letterario, dovuto appunto al rinascere attorno al XIV secolo dall'interesse verso le culture greca e romana: la transizione dell'Ars Nova del tardo medioevo verso la cultura musicale rinascimentale fu lenta e graduale.
La polifonia, nel frattempo, aveva ricevuto ulteriori stimoli: verso la fine del XIV secolo si passò a mottetti cantati da gruppi di voci contrastanti, fino a passare a cori complessi. Questo portò ad un ulteriore affinamento dell'armonia, con la preparazione e la risoluzione delle dissonanze (ossia il far precedere e seguire le dissonanze da accordi consonanti), sviluppo che poi portò la musica basata sull'armonia tonale così come venne sviluppata nei secoli fino al nostro.
Tra il XVII ed il XVIII secolo l'Italia fu il centro dello sviluppo musicale, nonostante l'emergere, nel primo Rinascimento, autori come Dunstable e Josquin Despres: in particolare fu Despres a fare da legame tra il primo ed il tardo Rinascimento, ed il suo contributo fu fruttuoso soprattutto nel tardo Rinascimento, con i maestri Giovanni Pierluigi da palestrina, di Lasso, e William Byrd.
La polifonia diede luogo alla messa polifonica, forma musicale di ampio respiro. I compositori svilupparono la messa musicando i brani dell'Ordinarium, portando con sé una forma a sezioni collegate da un tema: fino a circa il 1550 si continuò a scrivere messe intorno ad un canto fermo, non necessariamente di tipo gregoriano.
Il madrigale, canto a più voci con un solo esecutore per ogni parte, fu la più importante forma profana dell'epoca: nacque da una forma italiana (la "frottola") grazie all'influenza di autori nordici, ed ebbe come peculiarità la coincidenza tra parole e musica. Esportato, raggiunse splendore in Inghilterra: gli ultimi madrigalisti italiani furono Carlo Gesualdo e Claudio Monteverdi, che effettuarono anche interessanti esperimenti con il cromatismo, allontanandosi così dal sistema modale del tempo.
La musica vocale continuò ad avere predominio su quella strumentale fino al XVI secolo, pur modificando l'approccio alla costruzione degli strumenti: grazie infatti alla definizione dei registri vocali vennero sviluppate famiglie di strumenti che si accordassero a quelle particolari estensioni. Importantissima fu la comparsa di strumenti come il clavicembalo, il virginale ed il clavicordo, costruiti sul principio del salterio (corde tese su una cassa di risonanza), uniti a tastiere con macchine in grado di azionare i plettri o i martelletti sulle corde.
Nel XVI secolo avvenne lo scisma tra Cattolicesimo e Protestantesimo, che staccò le Chiese Protestanti del Nord Europa dalla Chiesa Romana: questo evento ebbe profonde ripercussioni sulla musica. In Inghilterra si ebbe lo sviluppo di una grande tradizione di Corali, caratteristica del protestantesimo, che avrebbe avuto grande influenza nello sviluppo musicale di Bach, mentre la Chiesa Romana, nell'Europa del Sud, reagì a questo colpo, avviando la Controriforma: nel Concilio di Trento del 1545 ( terminato nel 1563) si decretò che venisse esclusa dalla Chiesa la musica in cui trovasse parte qualcosa di empio e lascivo, avanzando perfino la richiesta di abbandonare le armonizzazioni. Fortunatamente un gruppo di compositori, guidato da Palestrina evitò questo rischio dimostrando che l'armonia non era incompatibile con la comprensione del testo, né con il diktat cattolico.
Solitamente questo stile musicale è associato al XVIII secolo, ed è definibile come un periodo di ricerca di equilibrio delle forme e di pacatezza nell'espressione, a differenza del successivo periodo del romanticismo, in cui fu forte lo slancio emotivo. I compositori classici cercarono di basarsi su forme fortemente razionalizzate, mentre i romantici cercarono l'espressione libera da ogni condizionamento.
Alla fine della guerra dei trent'anni (1648) gli stati germanici non subirono più la dominazione asburgica: iniziò per essi un periodo di rinascita, sotto ogni di punto di vista. Nacquero presto numerose corti, città e corporazioni pronte a fornire forme culturali, dando così la spinta allo sviluppo di stili musicali particolari.
A quei tempi era già presente una prima divisione tra il Nord, protestante, ed il Sud, a maggioranza cattolica e maggiormente aperto alle influenze italiane e francesi.
Nel XVIII secolo gli stati egemoni (Prussia, Sassonia ed Austria, favorirono lo sviluppo di centri musicali nei quali le tendenze si fusero.
L'influenza del cosiddetto stile galante, importato dalla Francia e dall'Italia, fu sentita presto nel Sud: questa espressività, leggera ed elegante, venne presto usata soprattutto dai clavicembalisti, e contrastava nettamente con il carattere più grave della musica contrappuntistica del Nord, dando poi via alla Scuola Viennese in cui figurano Haydn ed il grande genio di Mozart. Lo stile galante tendeva ad una forma espressiva semplice eppure evocativa: inizialmente confinato alla musica da camera, influenzò generi di più vasto respiro, come la messa ed il melodramma: una delle conseguenze fu il lento imporsi della sonata sulla suite.
La musica tedesca del periodo fu fortemente influenzata dalla musica italiana a Vienna. A quel tempo l'Austria iniziava a diventare una grande potenza, per cui la cultura della città venne fortemente ampliata nelle arti, soprattutto dalla corte imperiale, ma anche dalla nuova borghesia, con il solito contributo della Chiesa. La musica tedesca restava dunque ancorata alle sue tradizioni, ma sentiva l'influenza culturale dell'Italia: un esempio si ha in Johann Joseph Fux, Kapellmeister di corte: la musica sacra rimase fedele a palestrina, mentre nelle composizioni profane incluse molte innovazioni della musica italiana dell'epoca, che a quei tempi comprese autori del calibro di Tommaso Albinoni, Benedetto Marcello e Domenico Scarlatti, e Antonio Vivaldi. In parallelo a Vienna emerse un altro centro musicale, che contribuì a questa nuova formazione culturale. Poiché il Grande Elettore del Palatinato, dopo la guerra dei trent'anni, aveva trasferito la propria corte da Heidelburg a Mannheim, fu questo centro a divenire importantissimo dal punto di vista musicale, con un'orchestra di fama europea. In particolare Johann Stamitz e dopo di lui Franz Xavier Richter rinnovarono la tecnica orchestrale. Molte composizioni dei due, e dell'allievo di stamitz (di formazione anche italiana), influenzarono le opere di Haydn e Mozart.
A Berlino invece la musica seguiva tradizioni preclassiche: il figlio di Federico Guglielmo, Federico Augusto (che diverrà Federico il Grande) dovette perciò lasciare Berlino e fondare un centro musicale a Rheinsburg. Qui si circondò di valenti autori, tra cui Johann Quantz, il quale scrisse trecento concerti per flauto, ed un importante trattato sull'argomento (oltre al resto delle opere), tra questi fu significativo anche Carl Philipp Emanuel Bach, compositore di musica per strumenti a tastiera: costui lavorò per trent'anni presso il sovrano, per poi sostituire Telemann ad Amburgo. Molte delle sue sonate per pianoforte rappresentano un contributo importante al repertorio di questo, in quel tempo, nuovo strumento.
A proposito di Amburgo, questa città si affermò come centro musicale in tempi successivi, avendo come massimo rappresentante proprio Telemann: l'attività musicale prese slancio in Sassonia dopo l'ascesa al trono di Federico Augusto, mentre a Lipsia J.S.Bach continuava la sua opera a Dresda, Veracini e Lotti facevano sentire l'influenza italiana. Fu però soprattutto Johann Hasse, che aveva studiato a Napoli, a far pesare questa influenza durante la sua brillante carriera.
Dopo il 1770, in Francia, tra le arti visive si affermava lo stile neoclassico: i neoclassici prendevano spunto dai ritrovamenti dovuti agli scavi di Pompei e dalle opere dell'archeologo J.J.Winckelmann, ricercando l'ordine e la compostezza mostrate da quelle antichità.
In Germania e Inghilterra, in campo musicale, cominciavano ad emergere idee nuove, che dal classicismo avrebbero portato al romanticismo. Vienna era ancora un centro di grande importanza, ed ancora di più ne ebbe con autori del calibro di Hummel e Czerny: poco a poco, le influenze italiane confluirono in una musica di identità realmente tedesca.
In particolare la forma-sonata era un elemento base di molte composizioni, soprattutto strumentali. La prima sezione di questa forma, detta esposizione, introduce i due temi (soggetti), di carattere contrastante: uno nella tonalità dell'intero brano, l'altro in tonalità vicina. Nella seconda sezione, non a caso chiamata sviluppo, si sviluppano questi temi in vari modi, mentre la terza sezione (la ripresa) ripresenta i due temi originari, entrambi nella tonalità d'impianto.
Fu Haydn a portare la sinfonia al suo massimo splendore: questa presenta un'articolazione non molto diversa da quella della sonata. Il concerto invece prevede tre movimenti, ed emerse verso la fine del secolo XVIII, come genere adatto a strumenti solisti come violino e pianoforte. La disposizione dei movimenti corrisponde a quella della sonata, senza però minuetto e trio. Infine va citata la musica da camera, in particolare le forme di trio, quartetto e quintetto, che acquistarono peso rilevante nella musica del periodo classico.
La musica del barocco viene contraddistinta da queste due date: il 1600, con la nascita del melodramma, ed il 1750, data della morte di J.S. Bach. Si nota in questa epoca, una unità di fondo tra la musica rinascimentale e quella barocca, ma verso la fine del XVI secolo si evidenzia un cambiamento di stile significativo. Lo si può vedere confrontando alcune delle ultime opere di Palestrina con quelle più mature di Monteverdi, in cui si nota una forte influenza dell'Umanesimo.
La dottrina umanistica, per i compositori del XVI secolo, portava al dominio del testo verbale su quello musicale, mentre fino ad allora la musica aveva avuto il sopravvento. La parola, come elemento, esprimeva l'individualità umana ed era di primaria importanza nella visione umanistica, per cui era vietato soffocarla con la musica. Per soddisfare questa necessità i compositori dell'epoca adottarono uno stile consistente in una sola linea melodica, con un accompagnamento parabolico, mentre per rafforzare i concetti espressi nel testo venivano usati metodi diversi.
Anche in questi secoli i compositori dipendevano dalle corti o dal clero, come nel passato: bisognerà attendere il periodo del Romanticismo per poter assistere alla cessazione di questa dipendenza. Ai compositori dunque si chiedeva musica adatta alle occasioni, su commissione: per esempio l'Orfeo fu commissionato a Monteverdi per il carnevale di Mantova, mentre Bach componeva le cantate sacre per il servizio domenicale nella cattedrale di San Tommaso. Peraltro la composizione su "ordine" non escluse la nascita di capolavori come la Passione secondo Matteo o il Magnificat, proprio di J.S.Bach.
Caratteristico del periodo barocco è l'uso di un accorgimento particolare nella notazione, quello cioè del Basso continuo, di solito riservato agli strumenti a tastiera: si trattava di una linea di basso, con sopra segnate delle cifre per indicare le armonie richieste, e venne usato fin dagli inizi dell'opera per recitativi ed arie.
Il primo teatro dell'opera pubblica a pagamento fu aperto a Venezia nel 1637. Da questo primo evento risultò chiaramente che l'aria dominava il recitativo, in quanto maggiormente melodica e quindi più adatta ad un pubblico normalmente poco preparato in campo musicale: cosa più rimarchevole, nacque allora il culto del solista, tuttora duraturo. I cantanti di allora erano invitati a sfoggiare la loro bravura ed agilità, impegnandosi in arie ricche di virtuosismi e prodezze tecniche: questi principi erano molto rispettati, a partire da Monteverdi per arrivare a Handel.
Stessa cosa valse per una musica strumentale: questo aspetto della musica si trasportò al di fuori dell'opera, portando modelli come "allegro - adagio - allegro" tipico delle ouvertures di opere come quelle di Scarlatti nel concerto grosso: la stessa struttura del ritornello, con i passaggi vocali interrotti da frasi puramente strumentali, fu adottata in opere strumentali.
Un'altra caratteristica, già presente del XVI secolo, fu quello dello stile concertato in cui strumenti solisti o gruppi contrastavano con l'orchestra: questo stile venne usato per molta musica, compresa quella sacra.
Un merito dell'epoca barocca fu il maggior studio delle capacità espressive degli strumenti, che così non risultarono più intercambiabili facilmente tra loro e permisero di raggiungere risultati di maggior livello rispetto ai tempi precedenti.
Già all'inizio del XVII secolo la monodia (canto ad una sola voce) prevalse; la polifonia si sviluppò ulteriormente, portando agli alti livelli il contrappunto strumentale mostrato dalle fughe di Bach. Nel processo di semplificazione attraversato, inizia la codificazione moderna del concetto di tonalità: gli otto modi precedenti, nel 1700, vennero del tutto sostituiti dai due modi (maggiore e minore) conosciuti nella musica occidentale.
Infine, le forme strumentali più affermate del periodo furono le suite e la sonata. La suite era una selezione di danze, solitamente prospettata nelle quattro parti di allemanda, corrente, serabanda e giga: di solito queste erano in una stessa tonalità, in cui ogni danza presentava due parti, delle quali la prima modulava in una tonalità vicina, la seconda tornava invece alla tonalità iniziale, il tutto poi veniva ripetuto due volte. La sonata iniziale era simile alla suite, poi se ne differenziò, consistendo semplicemente in uno, al massimo due movimenti. Più tardi si definirono due tipi di sonata da camera (basata su movimenti di danza, e sonata da chiesa, dal contenuto solenne).
Dopo il massimo fulgore del classicismo, raggiunto con Haydn e Mozart, i compositori cercarono di superare i limiti. I musicisti del periodo romantico cercarono una espressione più diretta di quanto permettessero le forme del classicismo: la loro linea rifletteva bene il periodo degli svolgimenti politici dell'Europa del tempo, e si fecero sentire anche in altri campi artistici.
L'età detta "delle rivoluzioni", tra il 1789 ed il 1848 (che per l'Italia combinò con la III guerra d'indipendenza del 1866), fu associata alla partecipazione attiva di artisti ed intellettuali: in particolare in Francia scrittori, pittori e musicisti tra cui Flaubert, Baudelaire, George Sand, Hugo, Berlioz, ed i pittori impressionisti di fine secolo, tentarono di scuotere la visione materialistica del periodo. Il peso della classe media era ormai troppo alto perché i governi monarchici potessero ancora ignorarlo: oltre agli ideali di libertà ed uguaglianza che mossero la Rivoluzione Francese (o le guerre d'indipendenza italiane, per fare un altro esempio), gli artisti romantici traevano ispirazione da un modello di vita semplice ed armonizzato con la natura, pacifico e puro. Gli ideali rivoluzionari, come si sa, fallirono miseramente il loro scopo iniziale, quando alla fine delle rivoluzioni seguirono semplicemente nuove tirannie: quando Napoleone Bonaparte si fece incoronare imperatore Beethoven distrusse la dedica dell'Eroica, sostituendo poi le parole "Al generale Bonaparte" con "Alla memoria di un grande uomo". Fu questo fallimento a scatenare l'altra componente del romanticismo, ossia l'evasione della realtà ancora stavolta (e nel caso specifico con autori come Berlioz e Mendelssohn) si nota un desiderio di esotismo e di non banale.
In particolare in questo periodo si risvegliò un forte interesse verso il medioevo, soprattutto per i suoi primi secoli, così come verso il macabro, in particolare nelle opere di Poe, Baudelaire e Dostoievskij: ai nostri tempi, seppure in misura decisamente minore, un movimento simile si riscontra della cosiddetta "New age".
Con Beethoven, ed ancora di più dopo di lui, bisognò ampliare l'orchestra per adattarla a forme espressive più intense: fu aumentato il numero dei fiati, venne perfezionata la costruzione dei legni per migliorarne l'intonazione, fecero per la prima volta la loro comparsa le chiavi, per facilitare la tecnica esecutiva. Anche gli ottoni vennero modificati: entrò il trombone e, con Wagner, tube, trombe e corni, anche questi modificati per migliorarne l'intonazione. Anche le percussioni divennero più numerose. La classe media iniziò ad interessarsi in misura sempre maggiore alla musica colta, per cui le sale da concerto si arricchirono di un nuovo pubblico: la lunghezza dei concerti era notevole, comprendendo almeno due sinfonie, movimenti di composizioni varie, suites ed ouvertures.
Nacque la figura del direttore d'orchestra, a causa della complessità della gestione di orchestre sempre più grandi, mentre Spohr, Weber e Mendelssohn iniziarono la tradizione di prove condotte con grande disciplina, adeguando così d'orchestra al nuovo ed imponente repertorio.
Dopo Beethoven le forme classiche vennero messe sempre più in secondo piano, forse in primo luogo nella musica per pianoforte, che dai tempi di Beethoven subiva costanti miglioramenti tecnici (tra cui la costruzione del telaio in monoblocco, cosa che permise di aggiungervi molti altri tasti e corde). Questo portò ad un graduale abbandono della sonata in favore del pezzo pianistico: tra i garanti nel campo va sicuramente ricordato Fryderyk Chopin, esecutore eccellente e grande autore, le cui linee melodiche, l'uso del rubato, influenzarono profondamente gli autori dei periodi successivi fino al XX secolo.
La trasformazione culturale si vede anche nella formazione di riviste dedicate ai vari argomenti: a Robert Schumann si deve l'importante Neue Zeitschrift fur Musik, sulle cui pagine venne divulgata l'idea del romanticismo, ed in cui Schumann riservò il suo disprezzo per la borghesia conservatrice, scagliandosi contro coloro che rifiutano le idee nuove solo perché tali. Anche Schumann, come Chopin, riversò il suo genio nelle composizioni pianistiche, abbandonando spesso le forme del classicismo per usare il suo personale stile, cosa che dimostra (se ce ne fosse bisogno) quanto Schumann sia lontano dal classicismo.
La nascita a programma fu un fenomeno del tutto romantico, iniziato da Hector Berlioz: nella sua Symphonie Fantastique egli preparò appunto un programma che permettesse agli ascoltatori di seguire ciò che l'autore intendeva esprimere. Oltre a questo, Berlioz introdusse l'uso del tema ricorrente nella musica sinfonica, usato spesso per descrivere idee costantemente presenti, fino all'ossessione (come appunto nella Sinfonie Fantastique, in cui simboleggiava fra l'altro la visione ossessiva della donna amata).
Il romanticismo si sviluppò, con temi e modi diversi, in tutta l'Europa, influenzando anche i compositori più di musica operistica, come Verdi e Wagner. Intanto nascevano i primissimi fermenti nazionalisti, in particolare in Russia, che nella musica venivano espressi con l'intento di sviluppare e di divulgare la musica tipica del proprio paese: Piotr Il'ic Tchaikovskij, dopo una iniziale preferenza per le forme classiche e la musica occidentale, mostrò un avvicinamento verso la cultura del suo paese, componendo sei sinfonie su materiale popolare: come Berlioz usò il tema ricorrente (introdotto dallo stesso Berlioz) sia pure in maniera meno dettagliata. Va citato ancora, tra i grandi, il nome di Johannes Brahms di Amburgo. Il suo talento si rivelò durante l'esecuzione della Sonata a Kreutzer di Beethoven, a Gottinga, alla presenza del violinista Joachim: essendosi accorto che il pianoforte era intonato un semitono sotto trasportò il brano "al volo", in maniera perfetta, tanto da suscitare l'ammirazione di Joachim che volle conoscerlo. I due divennero amici, ma Brahms mantenne rapporti anche con gli altri grandi come Schumann, pur avendo atteggiamenti diversi nei riguardi della composizione musicale. Di carattere conservatore, egli adottò nelle sue sinfonie orchestre di dimensioni ridotte rispetto a quelle usate dai contemporanei, preferendo un organico vicino a quello scelto da Beethoven. In Brahms l'intensità dei temi è comunque mediata da una forma rigorosamente inquadrata: le sue prime composizioni pianistiche rivelano una scrittura orchestrale, rifiutano ogni tipo di ornamento e virtuosismo fine a se stesso: Brahms cerca sempre ritmi incisivi e spesso sincopati, con una scrittura molto portata all'accordo. Dopo le composizioni giovanili si rivolse a forme minori (a parte sei serie di variazioni): le sue opere, pur non essendo tipicamente romantiche, sono comunque spesso meditative e talvolta malinconiche, come il quintetto con clarinetto e la sonata per violoncello e piano. Brahms passò alla sinfonia dopo i quarant'anni, componendo le quattro sinfonie secondo linee tradizionali ma con un carattere molto personale, e con una tale inventiva da meritargli l'appellativo di migliore sinfonista dopo Beethoven. Bellissima, infine, la produzione vocale di Brahms, con i suoi due cicli di Romanzen aus Magelone o l'Ein Deutshes Requiem basato su temi della Bibbia luterana: la musica è qui dominata dal coro, mentre le parti solistiche assumono minor rilevanza. In Germania, la tradizione sinfonica venne portata avanti da Anton Bruckner e Gustav Mahler: Bruckner, tipico tardo-romantico, fu fortemente influenzato dalla sua formazione di organista di chiesa, usando spesso le sezioni dell'orchestra come si passasse da un registro d'organo ad un altro: pur non avendo grande influenza sugli autori successivi, ebbe un successore importante in Mahler, che come Bruckner preferiva un'orchestrazione imponente e forme di ampio respiro. Mahler, peraltro, ha poco in comune con Bruckner: compose solo sinfonie e Lieder, arrivando alla produzione del Lied sinfonico con il ciclo Das Lied von der Erde (il canto della terra). Mahler inoltre ampliò ulteriormente la forma sinfonica, aumentando le dimensioni dell'orchestra più di quanto avesse fatto Beethoven, ed oltre tutto si orientò verso opere di grande durata, come ad esempio la sua ottava sinfonia, sviluppata per soli, doppio coro, coro di ragazzi ed orchestra.
In definitiva del romanticismo convivono due tendenze: una maggioranza presente in autori come Bruckner e Mahler, è l'espressione della forma, l'altra è il tentativo di arrivare ad espressioni concise, come accade nelle composizioni pianistiche e negli ultimi lavori di Brahms. Allo stesso modo, le melodie liriche resero obsolete le strutture della vecchia sonata, portando ad un maggiore interesse verso il colore del suono e dell'orchestra, interesse questo che verrà sfruttato ampiamente dai compositori impressionisti francesi: l'impressionismo inizia proprio nel Lied, passando per i poemi sinfonici ed arriva al pieno sviluppo verso la fine del periodo romantico.
Nel periodo romantico erano forti i sentimenti patriottici e l'orgoglio di appartenere ad un paese: nell'ambito musicale questi sentimenti diedero luogo al sorgere di scuole nazionali nella seconda metà del XIX secolo. Per questo ogni paese ebbe modi personali e del tutto propri di fare musica: in molti casi comunque la tradizione della musica colta era talmente forte che le vicende nazionali non potevano avere un'influenza particolarmente intensa, come in Italia ed in Germania, ma anche in altri paesi extraeuropei. In alcuni paesi europei e nelle Americhe si affermarono invece scuole nazionali, i cui compositori si rivolsero ai temi popolari e così anche per le melodie e le musiche si rifecero alle tradizioni del loro paese. Chopin (che peraltro aveva vissuto a lungo fuori dalla natia Polonia) fu uno dei primi ad usare forme di danza polacche come la mazurka e la polka (polacca), mentre Liszt scrisse rapsodie basate sulla musica degli zingari ungheresi: quest'influenza popolare si riversò nelle forme classiche di sinfonia e concerto, in cui entrarono elementi etnici, con la comparsa di musica a programma basata su leggende popolari o fatti storici del paese. L'elemento etnico aggiunse un gusto particolare e nuovo alla musica del tempo, permettendo di ottenere una reazione positiva nell'educazione musicale accademica ricevuta dagli autori. L'uso degli e lementi popolari della musica , reazione all'accademismo, ebbe sicuramente un effetto stimolante: nelle opere migliori dei vari autori si vede la fusione delle qualità spontanee e vitali della musica popolare unirsi alla musica tradizionale, dando quindi esiti nuovi e spesso validi: tuttavia non sempre le qualità popolari della musica nazionale sono state inserite con successo nelle composizioni degli autori del periodo.
Alla fine dell'800 si arrivò ad un'ulteriore evoluzione della musica, evoluzione iniziata già dai tempi di Bach. I limiti dell'espressività della musica romantica erano stati superati estendendo il cromatismo, vale a dire usando intervalli al di fuori della scala diatonica: questo fu fatto per aumentare la flessibilità delle armonie, e causò un distacco crescente della tonalità d'impianto di un brano: la successiva evoluzione non poteva essere altro che l'abbandono del sistema tonale, basato sul sistema convenzionale di accordi maggiori e minori, e l'adozione di un sistema innovativo. L'influenza di Wagner, estesa oltre i confini germanici, posero problemi che in ogni paese vennero risolti in modi diversi: questo non coinvolse peraltro tutte le correnti musicali (come la nazionalista, che proseguì nel XX secolo). Spesso anche l'opera proseguì secondo una linea tradizionale, come ad esempio con Giacomo Puccini e Umberto Giordano in Italia.
Poiché in Europa ed in America la musica popolare perdeva interesse a favore della musica "leggera", spinta dalla crescita tecnologica, il pubblico si distaccò in parte dalle ricerche dei compositori del periodo, preferendo la musica colta del passato o l'attuale musica leggera. Questo ha generato visioni della musica contemporanea a volte snobistiche o spregiative, che però non sembrano corrette, come il sostenere che questa forma di musica manifesta una profonda rottura col passato: noi abbiamo visto come invece si tratti più probabilmente di una naturale evoluzione della musica, iniziata col classicismo tedesco.
Fino all'inizio del secolo la musica era composta in tempo binario o ternario, con ritmi prevalentemente semplici e regolari: anche questo schema viene superato nel XX secolo. Ci sono peraltro stati esempi nel passato, in cui il limite viene superato tramite soluzioni complesse, ma comunque il ritmo era legato a movimenti regolari ed armonici semplici. Data l'imprevedibilità dell'armonia il ritmo doveva seguire l'evoluzione: nel 1893 Tchaikovskij scrisse tutto un movimento nella sua ultima sinfonia in 5/4. Ravel fece lo stesso per la sezione finale del balletto Daphnis et Chloe. Questo metro era difficile per il pubblico dell'epoca, ma anche per i ballerini che erano costretti a recitare mentalmente il nome dell'impresario per mantenere il tempo.
Bartók in Ungheria, e Stravinski in Russia, vennero fortemente stimolati dai ritmi complessi della musica popolare dei loro paesi, cosa che li portò alla poliritmia.
Oltre all'uso dei metri insoliti, essi iniziarono ad accostare battute scritte con metri diversi, imponendo anche soluzioni complesse al di là della battuta stessa, facendo così cadere gli accenti in posizioni assolutamente imprevedibili: l'effetto è di grande dinamismo, tanto da rendere praticamente monotona buona parte della musica colta dei secoli precedenti (come si può notare facilmente in una delle composizioni di Stravinski scritte proprio per Diaghilev, La sagra della primavera). Ovviamente la melodia, legata all'armonia, doveva subire gli stessi cambiamenti, per cui in un tema venivano inseriti intervalli insoliti, come pure irregolarità ritmiche, per cui la melodia, libera dalle cadenze tradizionali, poteva spaziare a piacimento.
Il passo successivo seguito dai compositori fu l'accoppiamento di armonie diverse, o di ritmi diversi che si muovono contemporaneamente: era l'inserimento di eventi simultanei, che trovava un'analogia nell'arte pittorica, dove gli artisti combinavano in un'unica immagine diversi punti di vista di uno stesso oggetto. Bartók, ad esempio compose un brano per pianoforte in cui le due mani eseguivano in due differenti tonalità (politonalità), così come il carattere particolare di un brano del balletto Petrouschka è dovuto ad un'armonia fatta di accordi simultanei in do maggiore e fa diesis maggiore, due tonalità scelte appositamente diverse e lontane tra loro per sottolineare la doppia natura del protagonista.
Un altro esempio di poliritmia viene dato da L'histoire du soldat (1918), sempre di Stravinski, in cui ritmi regolari di marcia vengono combinati a linee melodiche irregolari nell'andamento: il pubblico, ovviamente, non accettò facilmente queste trasformazioni del pensiero musicale.
A teatro non mancarono i fischi di disapprovazione, come accadde proprio per La sagra della primavera (che poi venne riconosciuta come un capolavoro).
Uno dei pochi capolavori che venne accettato come tale è The unanswered question dell'americano Charles Ives, per il semplice motivo che venne eseguito molti anni dopo la sua morte, e pertanto in un periodo in cui queste innovazioni erano state assorbite e comprese.
Data allora la disgregazione dei principi sotto i colpi delle innovazioni, si poneva il problema di costruire nuovi modelli che comprendessero queste trasformazioni: una nuova organizzazione venne proposta da Arnold Schonberg, compositore viennese passato dalla musica tonale alla atonalità, in cui vengono consapevolmente esclusi tutti i nessi tonali e le armonie sono spesso dissonanti, sempre insolite. Nel 1923 Schonberg applicò un sistema di composizione in cui le note della scala cromatica hanno tutte lo stesso peso, rimuovendo quindi definitivamente il sistema tonale fin lì usato. La composizione si basa su una serie di dodici note (quelle della scala cromatica), modificata in modi diversi e con andamenti diversi: la musica che ne scaturisce è detta dodecafonica, dato che si basa appunto su una serie di dodici suoni.
I discepoli più vicini a Schonberg furono altri due austriaci, Alban Berg (1885-1935) ed Anton Webern (1883-1945). Diversi compositori invece si sforzarono di trovare altre soluzioni, accostandosi nuovamente al passato ma con accorgimenti che modificano le forme classiche con soluzioni armoniche insolite e sonorità particolari.
Questo movimento venne detto neo classicismo, ed annovera tra i suoi massimi esponenti Prokoviev (una sua sinfonia, la classica del 1918, prende notevolmente le mosse da Haydn), e soprattutto Stravinski, che rivisitò in maniera pesante le forme classiche, dandone un esempio nel suo balletto Pulcinella (1920) basato su temi di Pergolesi, o con l'ottetto (1923) e la Sinfonia di salmi (1930): peraltro Stravinski passò attraverso diverse fasi espressive, e settantenne diede una sua interpretazione della dodecafonica.
Molti furono i compositori che preferirono rimanere estranei al confronto tra neoclassici e dodecafonici, come ad esempio il "Gruppo dei sei", ossia Auric, Durey, Honegger, Milhaud, Poulenc e Tailleferre: questi adottarono deliberatamente uno stile prosaico nelle loro composizioni, rifacendosi ad Eric Satie (che spesso componeva con un forte senso parodistico ed ironico, non solo per il gusto di confondere i suoi ascoltatori: molti altri compositori hanno preferito rimanere legati al passato inserendo qualità originali nella loro musica tra questi va sicuramente citato Paul Hindemith (1895-1963), il russo Prokoviev, ma anche gli inglesi William Walton, Michael Tipett e Benjamin Britten (1913-1976) con il suo War Requiem del 1961: va notato, per inciso, che Prokoviev ed altri autori russi erano inizialmente neoclassici: il ritorno a metodi tradizionali avvenne su richiesta del governo sovietico.
Già le nuove strutture armoniche, con la loro diversità rispetto al passato, presentavano un aspetto sonoro nuovo: gli autori del periodo moderno, però, si interessarono alla produzione del suono in maniera maggiormente creativa rispetto ai tempi precedenti (ma era già avvenuto in passato, con il perfezionamento degli strumenti musicali). Dopo Debussy divennero comuni gruppi di note vicine suonate insieme (detti chisters): nelle partiture per orchestra vennero effettuati esperimenti con strumenti classici portati al di là dei normali limiti espressivi, come la citata Sagra della primavera, in cui l'inizio è dato da un fagotto nel registro acuto. La stessa voce umana venne portata verso nuove tecniche, con lo sprechstimme (canto parlato) introdotto da Schonberg nel Pierrot lunaire. Vennero notevolmente impiegati gli strumenti a percussione, così come venne introdotto l'uso di rumori e suoni esotici: grazie allo sviluppo tecnologico del periodo iniziò l'uso della strumentazione elettrica per la produzione di suoni originali, come i primi teremin e onde-martenot, strumenti costruiti negli annui venti (prima quindi dell'avvento della microelettronica).
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